Sferoidi oblati, triangoli e orologi: la misura della terra né piatta né tonda

Recentemente su Italia Unita Per La Scienza è uscito un post in due parti (Prima e Seconda) sul mito della terra piatta nelle ere. Per una fortuita coincidenza, ho iniziato da poco a leggere il Ciclo Barocco di Neal Stephenson, una mostruosità da 3000 e rotte pagine di romanzo storico sulle origini della scienza illuminista scritto da un famoso autore di fantascienza; una lettura leggera sotto l’ombrellone.

Che c’entra? C’entra perché (Spoilers?) uno dei personaggi del romanzo, pre-Newton, utilizza un pendolo per dimostrare che la forza di gravità diminuisce allontanandosi dal centro della terra. Il collegamento resta oscuro (mancano un po’ di passaggi) ma ho fatto l’associazione di idee con il post di IxS visto che è per merito di un pendolo che si è passati dal considerare la terra una sfera al più accurato sferoide oblato. Ergo, prima che mi dimentichi del tutto come si fa a scrivere visto che son passati mesi dall’ultimo post, uno spiegone su come sappiamo che la terra non solo non è piatta, ma non è neanche una sfera.

Partiamo dall’ultima parte del trittico del titolo: gli orologi. Intorno al quattordicesimo secolo, in Italia, nei campanili, cominciano ad apparire orologi con scappamento a verga. Lo scappamento è, per farla semplice, il meccanismo che determina ogni quanto l’orologio ticchetta; lo scappamento a verga ha una corona coi denti a seghetto e una verga che, con due palette, blocca la rotazione della corona in passi fissi della durata di un tic.  Il problema intrinseco di questo tipo di meccanismo è che la regolarità del ritmo dipende moltissimo dall’attrito del sistema: se i denti della corona si consumano, o una paletta impiega anche una frazione di secondo in più del dovuto a spostarsi, o la verga non è ben lubrificata, ecco che subito cominciano i casini e l’orologio perde rapidamente di precisione.

Lo schema di uno scappamento a verga, da Henry Evers (1874), A Handbook of Applied Mechanics, William Collins & Sons, London, fig.58, p.153 Pubblico Dominio

Anche gli orologi ad acqua, l’altra alternativa popolare del periodo, che sfruttavano la regolarità del flusso dell’acqua attraverso un poro, hanno lo stesso problema: il flusso dell’acqua non è mica poi detto che sia così perfettamente regolare. E se hai orologi che scattano a intervalli irregolari, misurare il tempo è roba da pazzi. Galileo, che per i suoi esperimenti dovette accontentarsi degli orologi di questo tipo, sapeva che facevano acqua da tutte le parti (ehm). GG sapeva anche, ed era forse una delle prime persone nella storia dell’umanità a saperlo, che il moto oscillatorio regolare di un pendolo poteva essere la soluzione. Cosí, si impegnò a progettare uno dei primi orologi a pendolo del mondo. Sfortunatamente per lui il suo progetto non sarà realizzato se non parecchio dopo la sua morte, lasciando l’onore (e l’onere) di costruire la prima pendola funzionante a Huygens.
Christian Huygens sarebbe stato comunque uno dei più grandi fisici del suo tempo anche se, nel 1656, non avesse costruito uno strumento che quel tempo lo misurava. Il suo primo modello perdeva non più di un minuto al giorno; successive iterazioni portarono il ritardo al massimo a 10 secondi per die, una precisione senza precedenti. Parte del successo di Huygens dipese dal fatto che determinò matematicamente quanto dovesse essere lungo un pendolo perché una oscillazione completa durasse un secondo, nell’assoluta convinzione che questa lunghezza sarebbe stata una costante universale, e il pendolo avrebbe oscillato con il medesimo periodo ovunque.

C’era solo un piccolo problema: la sua costante non era veramente costante. Immenso miglioramento sui ticchettatori precedenti, di sicuro, ma non costante universale. Fu astronomo francese, Jean Richer, a far nascere i primi dubbi sull’universalità del pendolo.

Jean Richer fa le sue misurazioni in Guyana. Da un incisione di Sebastein Leclerc, pubblico dominio

Richer era a Cayenne con Cassini, il più famoso astronomo francese, per cercare di misurare precisamente il parallasse di marte. Il suo orologio a pendolo, fondamentale per la riuscita della misura, che funzionava perfettamente ed era sincrono a Parigi, aveva però perso più di due minuti rispetto alle pendole locali a Cayenne nel giro di sole 24 ore. “Ben strano“ pensò probabilmente Richer, che decise di pubblicare anche questo fattoide nel suo rapporto alla Franca Accademia delle Scienze, che prese la cosa terribilmente sul serio. Presto l’anomalia fu verificata da fonti indipendenti, e i due più importanti fisici del tempo, Huygens e Newton, si trovarono a competere per cercare di spiegare cosa non tornava.


Perché la Franca Accademia Delle Scienze prese la cosa sul serio, prendendo quello che poteva benissimo essere un difetto meccanico e trattandolo come se fosse una bomba innescata? La risposta, come spesso capita, sta in un triangolo.

Come sapete se avete letto l’articolo di IxS, tutti gli scienziati europei sapevano che la terra era una Sfera sin da prima dei tempi di Eratostene, che nel 300 a.C., cercò di misurare la dimensione della sfera. Per secoli, il principio di base dietro la misurazione Eratostone fu riciclato per cercare di ottenere misure più accurate: l’idea era sempre di misurare la distanza tra due punti sullo stesso meridiano e poi, sapendone la latitudine per via astronomica, trovare la circonferenza della terra. Ovviamente, all’atto pratico, la questione non è così semplice perché tutte le misurazioni possono produrre un sacco di tipi diversi di errori sperimentali, e quindi il risultato finale restava sempre una approssimazione. Con i progressi nell’astronomia e non ultima l’invenzione del telescopio, la principale fonte di errore restava misurare accuratamente la distanza tra due punti sullo stesso meridiano.
In teoria, il primo passo in avanti nel misurare la circonferenza polare risale all’undicesimo secolo, e da subito coinvolge un gran numero di triangoli. Il persiano al-Biruni, uno dei più grandi tuttologi del suo tempo, nell’undicesimo secolo, misurò l’altezza di una montagna, usando uno di quei banali calcoli trigonometrici che erano stati inventati da poco. Poi, una volta in cima alla montagna, al-Biruni voleva misurare l’angolo di cui il livello dell’orizzonte si abbassava rispetto alle piane dell’Iran. Dopo questa semplice misura, ancora una volta con due o tre passaggi trigonometrici e un astrolabio, si poteva semplicemente misurare la circonferenza della terra (Per chi è interessato ai dettagli, wiki eng ha un grafico e una didascalia che spiegano piuttosto bene il procedimento, e questo articolo in open access, sempre in eng). La stima di al-Biruni è di 6339.9 km, di appena 13 km distinta dalle stime moderne: spesso in fonti non-storiche vi verrà detto che questo mostra il genio e la precisione di al-Biruni. In realtà, è molto più probabile che il nostro prode tuttologo abbia avuto fortuna e abbia tirato un po’ a caso (educated guess, dicono gli anglofoni: aveva una idea delle dimensioni dalle altre stime e ci ha messo un numero plausibile, probabilmente diverso da quello che aveva misurato). Misurare all’atto pratico, specialmente con gli strumenti che aveva a sua disposizione, la depressione dell’orizzonte con la precisione necessaria ad ottenere un risultato plausibile era praticamente impossibile: e a dimostrazione di ciò il metodo di al-Biruni, per quanto teoricamente avanzato e relativamente noto tra i matematici europei, non sarà riutilizzato fino all’invenzione dei laser in epoca contemporanea. E’ anche bene ricordare che al-Biruni andò si molto vicino ad una misura esatta, ma lo fece ipotizzando una terra sferica, non uno sferoide oblato, il che ancora una volta mette l’accento su come la precisione della misura sia stata contigente. Tra l’altro, mi fa sempre strano giudicare la perizia degli scienziati del passato usando quanto vicini erano alle nostre “superiori” e più esatte misure: il genio di al-Biruni, probabilmente uno dei più grandi pensatori islamici di tutti i tempi insieme ad Avicenna, sta molto più nell’aver ideato il metodo geometrico e trigonometrico che nell’accidente della precisione di questa misura. C’è un certo rigurgito Comtiano-positivista dietro, che vede la storia come marcia infinita verso il progresso, e quindi gli scienziati buoni sono quelli più simili a quelli di adesso e chi era nel torto pur non avendo i mezzi di essere nel giusto era un po’ scemotto.

Dicevamo, prima della parentesi su al-Biruni e del mio partire per la tangente prosopopeica, che il metodo per eccellenza nella misurazione della circonferenza terrestre era calcolare la lunghezza di un grado di meridiano, con buona pace dell’algebra islamica, e la principale fonte di errore il misurare la distanza dei due punti sullo stesso meridiano. Ci vollero sedici secoli per arrivare al primo vero passo in avanti, con la pubblicazione, nel 1533 da parte di Gemma Frisius, del primo trattato sulla teoria della triangolazione.

Gemma Frisius in un ritratto di Esme de Bolomois. Pubblico Dominio

 

Il suo libro, dall’eloquente titolo di “ Libellus de locorum describendorum ratione“ ( Un libretto riguardo un nuovo modo di descrivere i luoghi ) introduce la triangolazione come metodo pratico per disegnare le mappe. Gemma era figlio di una famiglia povera, e dopo essersi occupato delle revisioni della Cosmographia di Peter Avian, uno dei libri di testo astronomici più importanti del medioevo, si guadagnava da vivere costruendo mappamondi e globi celestiali. Forse non avete mai sentito nominare il povero Gemma: ma il suo studente più famoso, Gerardo Mercatore (All’anagrafe Gerhard Kremer, olandese), imparerà da lui l’arte e la importerà nei paesi bassi, che diventeranno il centro mondiale della cartografia d’avanguardia nel diciassettesimo secolo. Messo da parte un gruzzolo consistente, Gemma decide di studiare medicina, e dopo aver ottenuto la sua laurea diventa professore all’Università di Louvain, in Belgio. Durante i suoi studi, Gemma conosce Vesalio, lo aiuta a rubare un corpo dopo l’impiccagione, e insieme si danno alla dissezione illegale; quando Vesalio pubblicherà il De Fabrica , il più importante libro di anatomia della storia, non mancherà di ringraziare il suo compagno di malefatte, sottolineandone l’incredibile acume matematico.

E, in effetti, per quanto fosse professore di medicina, Frisius non pubblicherà mai niente in tema di scienza medica, ma si concentrerà solamente sulla matematica e il movimento delle sfere. Oltre al già descritto Libellus, il suo contributo più famoso è il Radio Astronomico, pubblicato nel 1545, il primo manuale di astronomia che contiene una lunga discussione, più che altro positiva, del De revolutionibus di Copernico.

Gemma era un matematico teoretico, non uno scienziato che si sporcava le mani; e nonostante il suo pamphlet sia del 1533 la sua triangolazione non sarà utilizzatata per determinare la lunghezza di un grado d’arco di meridiano fino al 1615, quando Snel (lo stesso Snel della legge di Snel sulla rifrazione) pubblicherà i suoi risultati. Fino all’invenzione del GPS, la triangolazione di Frisus e Snel sarà il più accurato strumento per costruire mappe precise di qualsiasi genere, con la loro immensa importanza in termini politici, militari e scientifici. Gemma Frisius è stato sfortunatamente dimenticato dalla storia popolare probabilmente perché non fu lui stesso a sporcarsi le mani e ad andare in giro a misurar triangoli, ma resta uno dei più grandi matematici/astronomi del suo tempo.

Mille parole fa dicevamo che una strana asincronia tra gli orologi aveva mandato in palla la Franca Accademia delle Scienze; possiamo adesso mettere insieme i pezzi e spiegare perché. Jean (non-luc) Picard, con le misurazioni di Snel a fargli da guida e la triangolazione di Frisus, aveva misurato la lunghezza di un grado di meridiano, il meridiano fondamentale di Parigi, nel 1670, e determinato una volta per tutte la circonferenza di quella meravigliosa sfera perfetta che era la terra. Picard, dopo aver eseguito la sua misura, aveva già il sospetto che la terra non fosse perfettamente sferica: ma non era una cosa di cui aveva alcuna prova, e soprattutto avrebbe messo in discussione l’autorità Francese in merito alla circonferenza terrestre. Rivelò i suoi dubbi a Jean Dominique Cassini, che era un pezzo grosso dell’astronomia e nell’Accademia Francese, cercando di organizzare nuove spedizioni per ottenere misure più precise, ma le variazioni tra le misure erano infinitesime, e per lo più attribuite a problemi nella misurazione che all’eventuale non sfericità della terra.

Newton, intanto, aveva usato la misura di Picard nei suoi conti in cui dimostrava che la forza che fa cadere le mele dagli alberi è la stessa forza che fa girare le sfere celesti in perfetta armonia.

L’orologio asincrono di Richer, appena tre anni dopo, rimetteva ancora una volta la dimensione della terra in discussione, ma lo faceva seguendo una via distinta da quella iniziata millenni prima da Eratostene. Se il periodo del pendolo non era effettivamente costante, e quello che tira giù il pendolo verso la terra è la gravità, vuol dire che la terra non è una sfera perfetta. E se la terra non è una sfera perfetta, la misura della circonferenza non solo è sbagliata, ma non si può misurare semplicemente triangolando a Parigi e moltiplicando per 360 la lunghezza di un grado di meridiano. Panico.

Isaac, bontà sua, non si fece tanto scomporre dalla scoperta. “La terra non è una sfera ma uno sferoide oblato, il solido prodotto ruotando un ellisse lungo il suo asse minore”, dice, scrollando le spalle, “ La mia meccanica è totalmente in grado di spiegare questo rallentamento. La gravità agisce diversamente sul pendolo, e la sua oscillazione non è universale. “

Il problema era che Newton era comunque uno sporco inglese, e la misura della terra era francese e il meridiano fondamentale quello di Parigi, mica quello di Cambridge! Il titano francese che si opponeva all’ingerenza inglese era Jean-Dominique Cassini che, considerato che la fama di Newton non era ancora esplosa, poteva rivaleggiare con l’inglese in termini di popolarità e autorità. Cassini sosteneva che la terra non era uno sferoide oblato ma uno sferoide prolato: invece che schiacciata ai poli la terra era schiacciata all’equatore. La differenza tra le due posizioni era dovuta al fatto che Cassini non accettava la meccanica newtoniana, ma si rifaceva alla fisica cartesiana. La battaglia, dunque, oltre che scientifica, era ideologica, con nell angolo blu il nazionalismo francese e la fisica cartesiana, e nell angolo rosso Newton e i parrucconi inglesi, che per primi avevano fondato una società scientifica nazionale e erano risentiti dal dover usare le misure della terra di quei puzzoni francesi.

I due ellissoidi in competizione: da un lato i Cassini (padre e figlio), dall’altro Newton e Huygens. Da Geodesy For The Layman, US Department Of Oceanography CC BY-SA 3.0

L’arbitro, a centroring, è Huygens, che si trova nella peculiare situazione di essere in disaccordo con Newton, che contrasta la sua teoria del pendolo, e contemporaneamente in disaccordo con Cassini, perché, come Newton, Huygens sosteneva la teoria di una terra schiacciata ai poli. Non solo: Huygens era cartesiano, e riluttante ad accettare la meccanica newtoniana, e per di più era olandese, nazione che ai tempi era in guerra con sia con il Regno Unito (terza guerra anglo-olandese, per dispute coloniali) che con la Francia. Nel 1659 Huygens aveva scoperto la forza centrifuga, e dedotto che, applicata alla rotazione terrestre, implicava uno schiacciamento ai poli. Non solo: non credeva affatto alla gravitazione universale terrestre, ma pensava che fosse la forza centrifuga a far cadere le mele in testa agli inglesi saccenti. Su larga scala, le equazioni di Newton e Huygens finivano per prevedere gli stessi risultati; ma il diavolo, si sa, sta nei dettagli, e quei pochi istanti di differenza sulla rotazione del pendolo avrebbero potuto, in teoria, decidere quale delle due teorie fosse esatta.
Il mescolarsi di queste dimensioni scientifiche e patriottiche rese la disputa sostanzialmente insolvibile finché non fossero arrivati nuovi, più precisi, dati sperimentali. Per quasi mezzo secolo i vari protagonisti continuarono a lanciarsi bordate in forma scritta, ma la popolarità della meccanica Newtoniana continuava a crescere, mentre Cartesio e i suoi vortici perdevano terreno, anche in Francia. Alla fine, la Franca accademia delle Scienze decise, nel 1736, dopo la morte di tutti e 3 i litiganti, di creare due grandi spedizione per misurare l’arco di meridiano all’equatore, e più vicino possibile ai poli.

Pierre de Maupertis, la prima persona ad usare il termine evoluzione nel significato odierno invece che per descrivere lo sviluppo embrionale, era Francese ma anti-cartesiano, e fu giudicato abbastanza imparziale per poter guidare l’escursione a nord: diventò il leader della spedizione in Lapponia che, dopo una serie di notevoli tribolazioni, riuscì a triangolare un grado di merdiano lungo il letto del fiume Tornionjoki.

Maupertis con un copricapo lappone per coprirsi dal freddo durante la sua spedizione. Pubblico dominio

Una seconda spedizione in Peru, che era partita un anno prima di Maupertis, impiegò dieci anni per completare la loro misura; ad oggi rimane una delle più famose spedizioni scientifiche di tutti i tempi, e numerosi sono i libri che la esplorano.

 

Il risultato fu un trionfo per i Newtoniani: non solo le misure dicevano chiaramente che la terra era schiacciata ai poli, ma il grado di schiacciamento ( 1/178, misurato come differenza tra asse maggiore e asse minore dell’ellisse) era molto più vicino a quello ipotizzato da Isaac (1/200) rispetto a quello atteso da Huygens (1/500). Il figlio di Cassini, Jacques, scrisse una serie di violente e approfondite critiche del lavoro delle spedizioni nella speranza di difendere l’onore e il lavoro del padre, ma la comunità scientifica internazionale ormai stava ormai consolidandosi sulle posizioni Newtoniane.

L’ultimo chiodo nella bara della teoria di Cassini fu la risposta dello svedese Anders Celsius (si, quello dei gradi Celsius) alle critiche di Jacques: aveva partecipato come membro dell’accademia Svedese alla spedizione di Maupertis, e mostrò in maniera incontrovertibile che le critiche di Jacques erano basate su pregiudizi e false supposizioni, consegnando una vittoria schiacciante alla schiera, ormai nutrita, di newtoniani francesi, infliggendo una sonora sconfitta alla fisica Cartesiana.

Ci vollero cinquant’anni e la morte di tutti i principali attori, ma alla fine la teoria con più base nei fatti, più verosimile, riuscì a trionfare nonostante i pregiudizi, la politica e i nazionalismi. Che è una conclusione che sottolinea la massima importanza dell’internazionalità e della diversità dei protagonisti della ricerca scientifica, tanto tre secoli fa quanto oggi, per garantire la validità della scoperta scientifica.

Non solo: fu il punto di svolta cruciale che portò alla sconfitta della fisica cartesiana da parte della fisica newtoniana, e la sua consolidazione come modello intellettuale.

Infine, ma non meno importante, la dimostrazione che la terra è schiacciata ai poli in conseguenza della rotazione diurna era la conferma scientifica della rotazione terrestre che, insieme alla scoperta da parte di Bradley dell’aberrazione stellare nel 1728, erano la prova incontrovertibile della teoria eliocentrica, che gli astronomi cercavano sin dalla pubblicazione del Dialogo di Galileo.

 

Bibliografia:

Paul Murdin, Full Meridian of Glory: Perilous Adventures in the Competition to Measure the Earth – Springer
B. Shank, The Newton Wars an The Beginning of The French Enlightment, University Of Chicago Press

  1. Inverti i colori dei partecipanti sul ring. 😀

  2. La cosa bella è che alla fine si è arrivati a definire la forma della terra come geoide. Che è come dire che la terra è a forma di terra

  3. sabrinaweb

    Spero di leggere ancora altri articoli che parlano di storia della scienza e di come si è arrivati a sapere quello che sapiamo oggi. Per il momento mi sono scaricata anche io l’ebook del secondo compleanno

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