Qualche opinione non richiesta sull’acquisizione Bayer-Monsanto

Dopo diversi mesi di trattative, ieri la Bayer ha annunciato l’accordo per l’operazione d’acquisto della Monsanto, un operazione da 59 miliardi di Euro che ora dovrà affrontare lo scoglio dell’Antitrust.

Sono a malapena qualificato per parlare degli OGM da un punto di vista scientifico, e queste questioni di agribusiness sono impestate per economisti, esperti di policy, gente competente, figuriamoci per uno come me che neanche sa compilare un 730, quindi forse non dovrei esprimermi.

Ma la reazione alla notizia nella mia personale bolla si è espressa in due modalità pressoché complementari: l’opzione “meh è una normalissima fusione come tante siete catastrofisti antiprogressisti” oppure “morte agli untori”. Che, diciamolo, è la norma quando si parla di Monsanto, OGM e argomenti polarizzanti di questo tipo.

Un’opinione disinformata in più non fa troppa differenza, tanto vale anche metterci la mia (notare che il sottotitolo del blog è scienza con saccenza, non scienza con cognizione di causa.)

Per capire ciò che trovo problematico in questa fusione serve avere una vaga idea del contesto generale dell’Agribusiness, almeno a grandi linee. Tradizionalmente si individuano sei “Big Ag”, aziende agrifarmaceutiche che si dividono il mercato globale in termini di sementi, OGM e agrifarmaci: Basf, Bayer, Dow Chemicals, Dupont, Monsanto e Syngenta. Non esattamente un fiorire di libero mercato e concorrenza, ma questi sono da almeno 10 anni a questa parte gli attori principali.

Nel 2015, Monsanto aveva provato ad acquisire Syngenta, un’altra Big 6 e la sua principale rivale specificamente nel campo degli OGM, fallendo. Questo tentativo ha cominciato a creare una cascata di acquisizioni e megafusioni. Al momento, oltre a Monsanto-Bayer è in corso la revisione del processo di fusione tra Dow Chemicals e DuPont, ed è già stata completata l’acquisizione di Syngenta da ChemChina, la multinazionale chimica che è celebre in Italia per aver comprato la Pirelli.

Il merger Monsanto-Bayer va inquadrato in questo contesto, e proprio perché è questo il contesto con megafusioni che il merger è problematico, riducendo ulteriormente concorrenza e innovazione, con il panorama dell’agribusiness sempre più inquietantemente simile a quello del mercato del farmaco.

Per quanto il CEO di Monsanto Hugh Grant si affanni a dire che non c’è alcuna riduzione di concorrenza, e che Bayer CropScience e Monsanto hanno prodotti e strategie di mercato complementari, e questo permetterà di avere risultati e ricerche che mai avrebbero potuto fare individualmente, e blabity bla, i dati non sono totalmente rassicuranti: secondo Bloomberg il risultato della fusione avrebbe il 30% del mercato del seme, con un palesemente assurdo 70% di fetta di mercato per il cotone, che presumibilmente dovrà portare a divestimenti, vendita di brevetti su varietà e cose del genere.

Hugh Grant!? Anche tu Pakato da Monsanto?!

Hugh Grant!? Anche tu Pakato da Monsanto?! Ah, no, ho preso l’Hugh Grant sbagliato. Anche se in questa foto potrebbe passare come CEO di qualche azienda malwagya. [Photocredits: Kurt Kulac, wikimedia commons]

Se siete preoccupati per il pezzo dei semi dei vostri amici contadini, lasciate che vi rassicuri almeno parzialmente: sebbene è da notare che negli ultimi 20 anni con la consolidazione delle big 6 il prezzo dei semi F1 è quasi raddoppiato, la situazione in Europa e specialmente in Italia non è spaventosa (tanto da noi non si possono coltivare gli OGM, cioè il mercato dove Monsanto è veramente leader).
Oddio, non che per I semi avere il 30% della produzione per volume in mano ad un solo produttore sia bello, ma in Italia più che altrove, siamo ancora lontani da una situazione di cartello dal punto di vista del sementiero. Ci sono molte aziende sementiere locali che, seppure con percentuali di mercato minime, nel complesso rappresentano una realtá non trascurabile, per non parlare di aziende medio-grandi, internazionali ma non multinazionali (es. la Enza Zaden) che detengono una fetta relativamente stabile di mercato.

Se volete una fusione per preoccuparvi in tal senso, potete versare lacrime per Potash e Agrium, che non riguarda i semi ma i fertilizzanti, e che può avere un effetto molto più diretto e significativo sui costi dei fertilizzanti e la resa agricola.

Monsanto ha tra i suoi prodotti di punta sul mercato i semi RoundUp Ready, quelli resistenti al Glifosato. Il brevetto per il glifosato è scaduto, ma i brevetti per i semi resistenti al glifosato sono (quasi) tutti ancora in mano loro; l’unico rivale diretto in questo specifico segmento di mercato sono i prodotti Liberty Link di Bayer, che sono resistenti ad un altro erbicida, il glufosinate, che fino a pochi anni fa era proibito in Italia. (Ci sono altri semi con resistenza a erbicidi sul mercato, non OGM, ma è tutta un’altra storia.)

Ora, che ad uno piacciano o meno gli OGM resistenti dagli erbicidi, la fusione significherebbe che tutto il mercato sarebbe monopolio di una singola azienda, che tra l’altro potrebbe andare più o meno incrociando resistenze e varianti, creando l’equivalente agricolo delle “me-too-drugs”, in farmacologia, quel fenomeno per cui si immettono sul mercato farmaci molto simili a farmaci noti per poi guadagnare sul brevetto. É possibile che l’antitrust agisca specificamente su questo punto e lasci procedere la fusione.

Il budget annuale prospettato da Monsanto-Bayer CropScience per l’R&D sarebbe, sempre secondo Bloomberg, circa 2.8 miliardi di dollari l’anno, di poco superiore alla somma di quello che oggi le due aziende spendono individualmente, ma comunque una cifra enorme. Cifra enorme che servirà principalmente a superare tutte gli ostacoli burocratici per mettere sul mercato nuovi prodotti. Cifre impossibili per aziende di dimensioni normali, che presumibilmente porteranno a situazioni analoghe a quelle del mercato del farmaco, dove il business model per le imprese “innovative” è “fai una libreria di composti attivi a caso e spera che la Pfizer ti compri per le tue proprietà intellettuali prima che ti finiscano i soldi”.

Stando a varie indiscrezioni, da un punto di vista di nuovi prodotti da mettere sul mercato il valore dell’acquisizione di Monsanto viene principalmente dai tratti OGM che usano l’RNAi, OGM di generazione 2.5 per cui esistono già delle linee guida e un abbozzo di pathway regolativo da parte dell’efsa, (al contrario dell’ultimissima generazione, che usa Crispr-Cas9, su cui la battaglia è tutta ancora da lottare). Ci sarà inevitabilmente un aumento di lobbyismo e di pressione sugli organi regolatori tanto da parte delle Big Agri quanto da parte degli anti-OGM, che, volendo scommettere, si tradurrà in un cane che si morde la coda, in cui solo Bayer potrà permettersi la spesa e il rischio economico di mettere un nuovo OGM o agrifarmaco “blockbuster” sul mercato, e contemporaneamente vista la posizione dominante saranno quelli che hanno meno incentivi a innovare.

Una situazione analoga a quella dell’R&D farmacologico, insomma, con l’aggravante che la ricerca pubblica in campo OGM e più in generale dei fitosanitari è ridicolmente sottofinanziata (o, parlando specificamente di OGM in Italia, praticamente proibita oltre gli stadi più preliminari). Che non è del tutto sorprendente, visto che stiamo parlando di Basf, DuPont, Bayer e altri colossi dell’industria chimica, ma che resta preoccupante perché non credo esistano economisti che guardando il mercato del farmaco dicono “uh, bello, equo, efficiente, che stimola l’economia e lo sviluppo, insomma un esempio da seguire”. Eppure, la direzione in cui sta andando l’agribusiness è proprio quella.

E’ possibile che ci stiamo fasciando la testa prima del dovuto: forse l’antitrust interverrà e, visto che Dow-DuPont ormai e già fatta mentre Bayer-Monsanto sta cominciando ora, l’acquisizione si fermerà, e così questo inesorabile trend verso il monopolio di pochissimi colossi.

Ma per una volta che c’è qualcosa che, sulla carta, potrebbe scontentare tanto il lato Vandana-Shiva-No-OGM-mai quanto la barricata dei Turboliberal-OGM-Freedooom che vedranno meno concorrenza e più regulation, sarebbe bello se riuscissimo a non far degenerare tutto nel solito gioco delle parti.

EDIT 04/06/2018:

L’antitrust ha lasciato fare: 6 grandi agribusiness e non ne rimasero molti.

  1. Baker Street Boy

    “Dagli all’unitore” è cercato o è un errore?
    Adesso condivido, grazie!

    • Sono io che provo a fare il simpatico parlando di fusioni, ma la perplessità è legittima visto gli orrori ortografici che faccio di solito

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