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Cosa hanno in comune api, squali, cacciatori raccoglitori e videogiocatori?

Seguono tutti i cammini di Levy (forse).

Ero tentato di chiudere il post così, dopo due-righe-due, ma poi la mia mamma ci sarebbe rimasta male che non gli spiegavo le cose. E questo articolo è ancora più ostico del normale da farle capire, visto che tira fuori i videogiochi (gasp!) e la matematica (stragasp!) oltre alla mia solita prosopopea.

E già normalmente la conversazione media con mia madre, parlando di quello che scrivo, va più o meno così:

” Oh, ho letto il tuo articolo!”
” Bene! Ti è piaciuto?”
” Si, tantissimo, però non ci ho capito niente.”

Che per uno che gioca a provare a far per finta il divulgatore è una pugnalata. Come dire a un rugbista ” oh sei bravo, ma se passi in avanti arrivi prima in meta, eh.”.  Ovviamente la colpa è solo e soltanto mia, che non mi so spiegare, e quindi per questo articolo moltiplicherò i miei sforzi.

Dunque, dicevamo, il cammino di Levy. Cos’è, e che c’entrano le varie bestie del titolo?

Le varie bestie del titolo hanno un problema: procacciarsi il cibo in un ambiente più o meno sconosciuto. Devono trovare dei fiori, o una preda o selvaggina, possibilmente con il massimo del guadagno e il minimo dello sforzo.

L’ ape esce dall’alveare e esplora un campo. Normalmente, usando il suo potente olfatto, trova indizi e indicazioni su dove dirigersi, ma stavolta non c’è nessuno stimolo particolarmente interessante. Che fare?  Si può muovere totalmente a caso, come un granello di polline sulla superficie dell’acqua. Qualsiasi direzione, va bene uguale, e quanto andare in ciascuna direzione segue una gaussiana: distanze particolarmente lunghe o particolarmente brevi saranno percorse meno spesso rispetto a distanze intermedie, più frequenti.

Augochloropsis metallica, una bellissima ape "del sudore". Si orienta con il suo ultra-sensibile olfatto, che però a volte la porta a seguire false tracce, come quando segue il sudore umano, da cui è stranamente attratta.

Augochloropsis metallica, una bellissima ape “del sudore”. Si orienta con il suo ultra-sensibile olfatto, che però a volte la porta a seguire false tracce, come quando segue il sudore umano, da cui è stranamente attratta. Photocredits: USGS

Ma andare totalmente a caso è la soluzione migliore?

Uno squalo, alla ricerca delle sue prede, segue una gran varietà di stimoli. Grazie a degli organi specifici, le ampolle di Lorenzin, gli squali sentono i campi elettromagnetici, come i Jedi sentono la Forza. Ma l’oceano è vasto e con la pesca selvaggia l’abbiamo praticamente desertificato: lo squalo deve vagare in lungo e in largo per cercare cibo. Andare a caso sarebbe proficuo?

Sì dà il caso che sia api che squali seguano una particolare strategia per muoversi in cerca di cibo: seguono il cammino di Levy, che, tecnicamente, è una traiettoria che invece di avere una distribuzione di probabilità gaussiana, è iperbolica e “heavy tailed”, con le code pesanti. Spacchettiamo che cosa vuol dire:

In matematica, quello che fanno le api e gli squali sopracitati, muoversi in direzioni casuali con passi di lunghezza variabile, si chiama passeggiata (o cammino) aleatoria (random walk in inglese). Ma non tutte le passeggiate casuali sono uguali: anche scegliendo la direzione completamente a caso, magari si preferisce fare passi (dove per passo si intende la distanza coperta prima di cambiare direzione) più lunghi o più brevi; oppure, non tutte le direzioni sono equamente probabili, ma si preferirà tendere in una direzione, come il carrello del supermercato con la ruota mezza rotta (che no, mamma, non è che lo prendi sempre tu, è che ti ricordi le volte in cui lo prendi e ti dimentichi quando va tutto bene).

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Le scienze umane e i soldati dell’ovvietà.

Io ho un piccolo problema con le scienze umane.

Non sono al livello degli ingegneri stereotipati che vituperano qualsiasi cosa non abbia pulegge o si possa smontare, o a quelli di Sheldon Cooper, ma comunque c’è un limite a tutto.

Ci sono delle branche delle scienze umane che non sono in grado assolutamente di giustificare la propria esistenza.

Quella che più di tutte è un inno ai fondi riversati a caso in ricerca inutile è senza dubbio la psicologia sociale.

La psicologia sociale è quella cosa, perché non so quanto sia il caso di chiamarla disciplina, che sta a metà fra la sociologia e la psicologia, e studia, o almeno così dice di fare, l’interazione tra individuo e gruppi. Peccato è che la psicologia sociale, come il resto delle scienze umane tutte, non mi tira fuori un’ idea o un concetto a cui non si possa arrivare molto intuitivamente con un minimo di buon senso.

La mia non è una crociata contro i mulini a vento;  come me la pensano svariati  grandi pensatori: una critica molto pungente, ad esempio, arriva dallo storico americano Arthur Schelsinger Jr.  , uno che tra le altre cose ha vinto due pulitzer ed era specializzato nella storia della Seconda Guerra mondiale. Ora, si dà il caso che ai tempi della seconda guerra mondiale, la psicologia sociale esistesse come  disciplina da ormai una quarantina d’anni, e svariate persone fecero le loro “ricerche” sui soldati americani e sulle gerarchie dell’esercito, ottenendo quelle che l’amico Schlesinger chiamò ” pounderous demonstrations of common sense “.

Un celebre sociologo, Paul Lazarsfeld compilò, nel 1949, una lista delle “scoperte” che erano state fatte da questi studi compiuti nelle gerarchie militari. Eccone un breve assaggio, con tra parentesi i commenti dello stesso Lazarsfeld:

1) I soldati più istruiti facevano più fatica ad adattarsi alla vita nell’esercito dei meno istruiti ( Gli intellettuali sono meno preparati ad affrontare lo stress di una guerra rispetto a chi a vissuto in strada)

2)I soldati del sud degli Stati Uniti sopportavano meglio il clima tropicale delle isole del Pacifico rispetto a quelli del nord ( i sudisti erano generalmente più abituati ad un clima caldo)

3)I soldati semplici bianchi erano più impazienti di ricevere promozioni e riconoscimenti dei soldati di colore  (anni di oppressione hanno il loro peso sulla motivazione, specialmente quando la stragrande maggioranza degli ufficiali è bianca)

4) I soldati neri del sud preferivano ufficiali bianchi del sud rispetto a quelli del nord ( gli ufficiali del sud erano più usi e avevano più esperienza nell’interagire con gli afroamericani)

5) I soldati erano più desiderosi di tornare a casa durante le battaglie che nei mesi successivi all’armistizio ( durante i combattimenti è difficile non rendersi conto che la tua vita è in serio pericolo).

La lista prosegue,  con altri studi e altre spiegazioni totalmente ovvie.  Una compilation di banalità.

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