Oggi è il Darwin Day, l’annuale festa dedicata a Carletto Darwin, e cercavo qualcosa di interessante da scrivere a proposito per celebrarlo in qualche modo, pur avendo bucato paurosamente le scadenze del Carnevale della Biodiversità. Fortunosamente, anche per colpa della questione dibattito scienza – movimento5stelle – e casini vari, sono andato a riscoprire un po’ il ruolo che Darwin ha avuto nella discussione del benessere animale, della ricerca scientifica e dell’antivivisezionismo suo contemporaneo.
Partiamo con una precisazione importante: ai tempi di Darwin, il termine vivisezione non era, come lo è impropriamente oggi, sinonimo di tutti i tipi di sperimentazione animale, ma indicava soltanto la vivisezione etimologicamente propria (cioè il tagliare effettivamente gli animali vivi, più che altro per studiarne la fisiologia) e la “tossicologia” (che metto tra virgolette perché era ancora nella sua infanzia, e per molti versi era una disciplina molto più chimica che biologica). Darwin stesso spesso insiste per l’uso del termine sperimentazione animale in maniera distinta da vivisezione, e visto che è il suo compleanno non gli si può certo fare un torto.
Se usassimo la più vasta definizione moderna, Darwin, che di sua mano aveva effettivamente sperimentato sui piccioni, sarebbe probabilmente da includere nei ranghi dei vivisezionisti; ma fare un ragionamento del genere non solo è sciocco perché non tiene conto del contesto storico, ma anche perché Darwin, quasi più di ogni altro, ha insistito affinché ci fosse una legislazione sulla sperimentazione, e, per certi versi, ha fondato l’interesse scientifico per per il benessere animale.
Prima di Darwin la questione più simile oggetto di dibattito era se gli animali avessero un anima oppure no; altri, in tempi più temporalmente vicini all’Origine delle specie, si interrogavano se gli animali potessero soffrire, sull’onda di Bentham; ma si trattava per lo più di dispute vuote, che arrivavano alle orecchie di chi stava nelle torri d’avorio e pochi altri.
Raramente si andava a toccare la questione del diritto dell’uomo di sfruttare gli altri animali: per il mondo vittoriano c’era, come diceva Giovanni Paolo II duecento anni dopo, un “salto ontologico”, una distinzione profonda tra l’essere animale e l’essere uomo. L’origine delle specie mostra che questo distinguo è una fregnaccia. Intanto ancora all’inizio del 1800 per le strade londinesi si giocava al cock-throw, in barba alla moderna sensibilità animalista.
Il “nobile” sport del cock-throw consisteva nel legare un gallo ad un palo, e lanciargli contro degli speciali bastoni fino ad ammazzarlo. Era considerato la versione più adatta ai bambini dei più comuni e più diffusi combattimenti tra galli. Pratiche di questo genere andarono avanti fino al 1840. La stampa qui sopra raffigurata è del 1820. Photocredits: Wikicommons
All’inizio l’antivivisezionismo aveva motivazioni del tutto avulse al darwinismo. Ad esempio, i primi a proibire il già cock-throw nel 1660 erano stati i puritani: non per qualche particolare interesse nei confronti degli animali, ma perché questa pratica portava spesso a risse e dispute tra giocatori e tifosi. Dopo la seconda metà dell’800 oltre a Bentham e agli utilitaristi una nuova categoria si aggiungeva agli antivivisezionisti: le femministe, che spesso dicevano di essere più vicine nello spirito agli animali che agli uomini, e sentivano la violazione dei corpi animali come il risultato della stessa patriarchia che le opprimeva, tanto che, ai tempi di Darwin, femminismo e animalismo erano quasi sinonimi. Charles conosceva bene questo movimento anche perché una delle sue figlie, Etty Darwin, era in prima fila. Ma l’opinione pubblica andava cambiando, tanto che anche Darwin decise di far sentire la sua voce, per quanto avesse sempre rifuggito ogni forma di impegno pubblico e lasciasse le discussioni sull’evoluzione al suo “bulldog”, TH Huxley . Darwin in generale disprezzava ogni forma di crudeltà, tanto nei confronti dell’uomo quanto nei confronti dell’animale. Suo figlio Francis racconta come il padre fosse perseguitato dai ricordi degli schiavisti con cui aveva avuto a che vedere in Brasile, e come intervenisse contro le inutili crudeltà sugli animali:
The remembrance of screams, or other sounds heard in Brazil, when he was powerless to interfere with what he believed to be the torture of a slave, haunted him for years, especially at night. In smaller matters, where he could interfere, he did so vigorously. He returned one day from his walk pale and faint from having seen a horse ill-used, and from the agitation of violently remonstrating with the man. On another occasion he saw a horse-breaker teaching his son to ride, the little boy was frightened and the man was rough; my father stopped, and jumping out of the carriage reproved the man in no measured terms.
Del resto, una delle ragioni che portarono Darwin a perdere la fede era l’insensatezza della violenza in natura, non riconducibile ad un piano divino:
I cannot persuade myself that a beneficent and omnipotent God would have designedly created parasitic wasps with the express intention of their feeding within the living bodies of Caterpillars.
Non è però corretto sostenere che Darwin fosse una specie di attivista per i diritti degli animali ante-litteram: quello a cui più di tutto Darwin era interessato era una riduzione della sofferenza. Scrivendo allo zoologo di Oxford Ray Lankaster nel 1871, in richiesta della sua opinione sulla vivisezione, Darwin rispondeva:
You ask about my opinion on vivisection. I quite agree that it is justifiable for real investigations on physiology; but not for mere damnable and detestable curiosity. It is a subject which makes me sick with horror, so I will not say another word about it, else I shall not sleep to-night.
Come la stragrande maggioranza della comunità scientifica moderna, Darwin era convinto che la vivisezione e la ricerca animale fossero una attività vitale per lo sviluppo della scienza medica e della fisiologia, ma con rispetto dell’animale e minimizzando ogni forma di dolore inutile. Per questo, quando nel 1874 scoppiò il caso vivisezione nel Regno Unito, Darwin entrò in campo. Il 13 agosto del 1874 Eugene Magnan, un fisiologo francese, con quattro colleghi britannici, aveva partecipato ad una dimostrazione fisiologica agghiacciante sull’effetto dell’assenzio sul sistema nervoso centrale. Dei cani venivano immobilizzati e l’alcool iniettato direttamente in arterie precedentemente incise, mentre gli animali erano pienamente coscienti. Il direttore del Royal College of Surgeons in Irlanda, Thomas Joliffe Tufnell, che era presente, tentò di interrompere la crudele dimostrazione, ma la questione fu messa ai voti, e la procedura andò avanti. Tufnell, adirato, riportò la storia nel British Medical Journal, allora come oggi una delle più importanti testate mediche al mondo, e i fisiologi furono rapidamente messi alla gogna pubblica e portati a processo per via di questo abuso. O almeno, quelli inglesi: Magnan era già scappato in Francia al momento del processo. La questione entrò così nei salotti vittoriani, e gli antivivisezionisti poterono sfruttare il favore dell’opinione pubblica per partire alla carica. In cima alla lista c’era Frances Power Cobbe, una scrittrice femminista e animalista, che, anche tramite Etty, convinse Darwin a collaborare con la neofondata National Anti-Vivisection Society. Darwin era però preoccupato dai dettagli dell’ ” Act to amend the Law relating to Cruelty to Animals”, la legge che Cobbe, con l’appoggio di alcuni membri del parlamento, aveva iniziato ad abbozzare. In una lettera a sua figlia del 4 gennaio 1875 scrive a cuore aperto:
Your letter has led me to think over vivisection for some hours, and I will jot down my conclusions, which will appear very unsatisfactory to you. I have long thought physiology one of the greatest of sciences, sure sooner, or more probably later, greatly to benefit mankind; but, judging from all other sciences, the benefits will accrue only indirectly in the search for abstract truth. It is certain that physiology can progress only by experiments on living animals. Therefore the proposal to limit research to points of which we can now see the bearings in regard to health, etc., I look at as puerile. […] I would gladly punish severely any one who operated on an animal not rendered insensible, if the experiment made this possible; but here again I do not see that a magistrate or jury could possibly determine such a point. Therefore I conclude, if (as is likely) some experiments have been tried too often, or anaesthetics have not been used when they could have been, the cure must be in the improvement of humanitarian feelings. […] If stringent laws are passed, and this is likely, seeing how unscientific the House of Commons is, and that the gentlemen of England are humane, as long as their sports are not considered, which entailed a hundred or thousand-fold more suffering than the experiments of physiologists–if such laws are passed, the result will assuredly be that physiology, which has been until within the last few years at a standstill in England, will languish or quite cease.
Che fare, dunque ? Come assicurarsi che la legislazione potesse essere scritta in maniera sensata, tale da tutelare sia gli animali che il progresso scientifico, senza che nessuno dei due fosse vittima dell’ipocrisia vittoriana ? Darwin, insieme a suo genero Robert Litchfield, scrisse un nuovo e diverso disegno di legge, la “Playfair bill”, dal nome del Dr. Lyon Playfair, che la propose effettivamente in Parlamento. Questa nuova bozza aveva almeno un paio di differenze importanti dalla proposta originale: non solo l’anestesia era richiesta in ogni occasione in cui fosse possibile, ma la vivisezione a fini dimostrativi, nelle scuole veniva completamente abolita. Cobbe non faceva questo genere di distinzione tra esperimento nuovo e semplice dimostrazione, e avrebbe condannato ogni forma di sperimentazione animale. La legge seguiva in maniera ragionevole le guidelines elaborate dalla British Society For The Advancement of Science (BAAS): Darwin scrisse ad Huxley che non solo le trovava il miglior compromesso possibile, ma anche la soluzione più umana. L’anno successivo, il 1876, vide il passare alla storia del ” Cruelty To Animals Act “, su cui molto pesava la mano spirituale di Darwin, e che rimase la principale normativa in tema per quasi 110 anni. Per Cobbe questo non era tuttavia abbastanza. I due ebbero una piccola diatriba tramite lettere sul Times: la medesima questione della vivisezione stava nascendo in Svezia, e il Professor Homlgren, di Upsala, chiedeva pubblicamente un’opinione a Darwin. Questi, nella lettera pubblica, scrisse:
I have all my life been a strong advocate for humanity to animals, and have done what I could in my writings to enforce this duty. Several years ago, when the agitation against physiologists commenced in England, it was asserted that inhumanity was here practised and useless suffering caused to animals; and I was led to think that it might be advisable to have an Act of Parliament on the subject. […] On the other hand I know that physiology cannot possibly progress except by means of experiments on living animals, and I feel the deepest conviction that he who retards the progress of physiology commits a crime against mankind. Any one who remembers, as I can, the state of this science half a century ago must admit that it has made immense progress, and it is now progressing at an ever-increasing rate.
Darwin aveva già perso fiducia nei confronti di Frances Cobbe quando quest’ultima aveva editato senza il suo permesso una sua lettera prima della pubblicazione. Intanto il movimento antivivisezionista si aggiungevano nuove voci. Darwin ebbe senza dubbio una grande influenza in ciò: come facile esempio basta riportare le parole di Thomas Hardy che, nel 1909, scriveva:
the practice of vivisection which might have been defended while the belief ruled that men and animals are essentially different, has been left by that discovery (la selezione naturale, ndr) without any logical argument in its favour
Ma la gran parte dei nuovi oppositori tra la fine dell’800 e gli inizi del 900 non avevano molto di darwinista, e neppure molto di scientifico. In primis, c’erano i socialisti, che vedevano gli scienziati come un elité e la scienza come strumento di oppressione governativa; dall’altro lato, stava nascendo un rigurgito anti-scienza, alimentato dalle sperimentazioni sull’uomo (e sugli animali) dell’inoculazione inventata da Pasteur, che veniva dipinto dall’opinione pubblica come una specie di Frankenstein. Nel 1883, ad esempio, quando il governo Francese premiò Pasteur per il suo lavoro, fu lanciata di rimando una campagna internazionale che eguagliava vaccinazione e vivisezione e che, tra le altre cose, diceva che
” […] science does not recognize in the great discoveries of M.Pasteur anything but the tissue of a dogmatic conception more likely to ruin than to enrich the country that would adopt them. ”
Fortunatamente, queste campagne, più che scoraggiare la vivisezione, finirono per pubblicizzare l’inoculazione e le scoperte di Pasteur ancora maggiormente, permettendo le prime vaccinazioni di massa. Sfortunatamente, hanno finito per polarizzare ancora di più gli animi. Molti fattori sono entrati in gioco nel miglioramento delle condizioni degli animali e nella rivendicazioni dei loro diritti nella storia; è un peccato che l’impegno di un grande della storia come Darwin venga dimenticato.
Feller DA (2009). Dog fight: Darwin as animal advocate in the antivivisection controversy of 1875. Studies in history and philosophy of biological and biomedical sciences, 40 (4), 265-71 PMID: 19917485
Darwin, C (1881). Mr. Darwin on Vivisection Nature, 23 (599), 583-583 DOI: 10.1038/023583a0