La birra è la dimostrazione che il lievito è uno psicopatico

Oggi è San Patrizio.

Nel mio disperato tentativo di scalare il pagerank di google, la tentazione di saltare sul carro dei blogger che scrivono qualcosa sulla “scienza della birra” è particolarmente difficile da resistere.

Tuttavia, scrivere un articolo sulla birra il giorno di San Patrizio è quasi più inflazionato di scrivere un’articolo sull’ossitocina a San Valentino; Nature ha disperatamente cercato di darmi un assist per evitare di farlo, pubblicando un paper su come i moscerini che vengono respinti sessualmente affogano i loro dispiaceri nell’alcool, ma è già stato ampiamente sfruttato dalla carta stampata, e il mio spirito hipster rifugge da una cosa così mainstream.

Quindi, per restare tangenzialmente sul tema e girarlo un po’ più sull’evolutivo-biologico, è il caso di chiedersi come il lievito di birra, Saccharomyces cerevisae, sia diventato il miglior amico degli alcolisti.

Il simpatico funghetto, causa di, e soluzione a, tutti i problemi della della vita, in un microgramma al microscopio elettronico a scansione. Colorato in verde, visto che è San Patrizio. Quelle che sembrano croste gialle sono le cicatrici dei punti da cui si è staccata la progenie durante la mitosi.

Ben Franklin diceva che ” La  birra è la dimostrazione che dio esiste e ci ama “; il nostro amico lievito, tuttavia, ha ben donde di dissentire: la fatica, in fondo, la fa tutta lui.

Nostro parente più stretto di quanto sia qualsiasi pianta (il che potrebbe causare seri problemi etici ai vegani), il sodalizio dell’uomo con S. cerevisiae risale a prima degli egizi, il che lo rende uno dei primi organismi addomesticati in assoluto (il che mette seriamente in discussione la posizione del cane come migliore amico dell’uomo) e l’inventore di vino e birra.

Ma perché Saccharomyces dovrebbe saper fare vino e birra ? La tentazione è di dar ragione a Benjamin Franklin, ma la realtà è un po’ più complicata (e inquietante).

La caratteristica fondamentale dei lieviti da birra è la capacità di degradare carboidrati, preferibilmente con 6 carboni, come il glucosio, in molecole di carboidrati a due carboni, come l’etanolo, senza ossidarli completamente in CO2, come invece fanno altri lieviti, anche in presenza di ossigeno. Per fare questo, utilizza un enzima fondamentale, l’alcool deidrogenasi (ADH), che nell’uomo e nella maggior parte degli animali degrada l’alcool consumando NAD, ma che nel lievito fa esattamente l’opposto.

Il lievito goloso mangia il glucosio. Invece di degradarlo completamente a Co2 e ottenere il massimo dell'energia possibile, decide di trasformarlo in etanolo, reciclando intanto il NADH. Il NAD+ è un ossidante: può cioè assorbire elettroni durante le ossido riduzioni, come nella rottura dei legami del glucosio glucosio, diventando NADH e accumulando energia.

Perché allora accumulare qualcosa di tossico, come l’alcool, invece di digerire i carboidrati fino in fondo e mangiare di più ? Innanzitutto, l’ADH nel lievito fa anche il lavoro opposto: cioè, è anche in grado di trasformare l’etanolo in aldeide, e digerirlo per farne energia. La strategia del lievito viene definita ” make – accumulate – consume “: al contrario del vostro fegato, il lievito si assicura di avere una dispensa ben piena di etanolo prima di cominciare a digerirlo. Questo apparentemente ha ancora meno senso: invece di ottenere direttamente l’energia totale del glucosio, parte viene persa per sempre nella trasformazione in etanolo, che poi viene digerito per estrarre energia.

Perché scegliere questa strategia ? La risposta passa per qualcosa che sapete già: l’alcool uccide.

Ancora più che uccidere chi guida in stato di ebbrezza, l’alcool è particolarmente bravo ad uccidere microorganismi: il lievito, in pratica, utilizza l’etanolo come arma chimica per eliminare i suoi competitori. Quando decidete di disinfettarvi un taglio con l’alcool, sappiate che il lievito utilizza questa strategia almeno dal Cretaceo. Nel tardo cretaceo, infatti, sono comparsi i primi frutti: il che significa un sacco di contenuto zuccherino per tutte le varie comunità microbiotiche per espandersi di più e più in fretta. Il nostro diabolico funghetto, però, invece di sfruttare l’aumentato apporto energetico per la sua crescita, ha imparato a fare terra bruciata rendendo l’ambiente invivibile per qualsiasi suo competitore. Una combinazione di numerosi fattori, tra cui la concentrazione di acidi grassi insaturi e ergosterolo, l’equivalente fungino del colesterolo, rende la membrana del lievito particolarmente resistente all’alcool, che non riesce a scioglierla.

Saccharomyces cerevisiae non è l’unico organismo ad aver evoluto questo meccanismo di aggressione: in altri funghi, anche lontanamente imparentati, si trovano vie biochimiche simili, ma il lievito di birra combina perfettamente una crescita rapida, una sorprendente velocità di produzione e tolleranza all’alcool e grande capacità regolativa, tutte caratteristiche che lo rendono un organismo ideale da addomesticare per produrre vino e birra.

Quando stasera vi sfonderete di birra, ricordatevi che potete farlo soltanto perché il lievito è una creatura antisociale e assassina che ha inventato la fermentazione alcolica non per il vostro sollazzo, ma come arma di distruzione di massa.

  1. complimenti,ben scritto!
    sappi che ti ruberò la battuta su chi sia il migliore amico dell’uomo 🙂
    salute!

  2. Bellissimo. Bravo.

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