Felci, cromosomi e fossili viventi

Le felci dominavano la terra durante il tardo devoniano, circa 350 milioni di anni fa. Erano antenate lontane di quelle che ancora si trovano più o meno in ogni angolo della terra: la maggior parte delle famiglie odierne di felci compare solo 150 milioni di anni fa, nel Cretaceo, quando i dinosaursi se la spassavano. Per cui le felci sono antiche, antichissime, ma quasi nessuno tira fuori il classico luogo comune “fossili viventi”.

Ora, un lettore, (Andrea, che ringrazio), vedendo le mie condivisioni di fossili improbabili ma presumibilmente non sapendo quanto mi sta sul cazzo il termine “fossili viventi”, mi ha linkato un articolo del 2014 con un ritrovamento semplicemente allucinante.

Un team di scienziati ha ritrovato, nell’odierna svezia, dei fossili di felci risalenti circa a 180 milioni di ani fa. In uno di quelle combinazioni che escono dai sogni bagnati dei paleontologi, questa felce è rimasta intrappolata in un deposito di brine idrotermali (praticamente acqua salata piena di minerali) e poi completamente ricoperta da cenere vulcanica. Visto la peculiare forma di fossilizzazione, per ragioni sassologiche che sfuggono alla mia comprensione nel fossile sono rimaste una montagna di dettagli. Quanti dettagli? Beh lo potete vedere in foto: non solo si vedono le cellule, non solo si vedono i nuclei nelle cellule, ma si vedono i cromosomi nei nuclei di cellule in vari stadi durante la mitosi. Una di quelle botte di culo che è difficile spiegare in parole, perché hai ancora la mascella slogata da quanto ti si è aperta la bocca la prima volta che vedi un fossile del genere.

Uno dei "fossili viventi" sulla destra, e l'immagine 1 dal paper con la microscopia del fossile

Il fossile sulla sinistra, l’immagine D in particolare è roba che mi manda fuori di testa, e uno dei “fossili viventi” sulla destra

Ecco, usando tecniche di microscopia avanzata, i ricercatori hanno potuto confrontare la felce fossile con le specie moderne che gli somigliano di più, e hanno scoperto che ha lo stesso numero di cromosomi e la stessa dimensione nucleare di una felce moderna abbastanza comune, Osmundastrum cinnamomeum, a destra nella fotina. Ergo, sbam, sta felce è rimasta uguale a quando c’erano i dinosauri 180 milioni di anni fa, è un “fossile vivente”. Ma anche no.

Ora, ci sono due linee che si possono prendere per e spiegare che questo non è un “fossile vivente”. La prima è quella nel merito specifico: per quanto sia vero che il numero di cromosomi e la dimensione del nucleo non è cambiata, questo non significa che l’evoluzione non abbia cambiato per un cazzo il genoma a questa pianta, ma solo che non l’ha fatto in maniera vistosa con poliploidia o delezioni massicce di geni, che un evoluzione morfologica lenta non è correlata con un tasso di evoluzione molecolare più lenta, etc. etc.
Menate tecniche che alle orecchie di chi è affezionato all’idea dei “fossili viventi” suonano come costruzioni ad-hoc.

L’altra linea di ragionamento, che forse è un po’ più filosofica, è cercare di capire che vuol dire fossile vivente, e rendersi conto che per quanto sia usato un sacco, (e non è solo colpa dei divulgatori e dei giornalisti visto che capita salti fuori anche in pubblicazioni scientifiche, tipo proprio questa su questo fossile), ha per lo più una definizione talmente vaga che non vuol dire un cazzo.
Il termine risale a Darwin, che direttamente nell’Origine ad un certo punto parla di ornitorinchi e pesci polmonati che hanno caratteristiche intermedie di vari gruppi perché sono rimasti isolati dalle pressioni che causano il cambiamento in altri organismi. Il problema è che da quella menzione, piuttosto informale e che oggi sappiamo essere falsa, il termine “fossile vivente” si è evoluto (hahah) ed è stato usato per discrivere qualsiasi cosa da specie che sopravvivono per lunghi tempi geologici (es, coccodrilli e limuli), specie che pensavamo estinte che risaltano fuori (il celacanto), specie che hanno pochi o nessun cuginio viventi e quindi sono gli ultimi rappresentati di una famiglia antica (tipicamente il Ginko, ma vorrei far notare che in sta definizione ci starebbe pure l’uomo, ma nessuno ci chiama fossili viventi perché siamo troppo recente), e altre variazioni ancora.

Ora, sicuramente si possono costruire definizioni formali e sensate del termine, ma per lo più nell’uso comune “fossile vivente” si porta dietro un sacco di convinzioni e preconcetti sbagliati su come l’evoluzione “dovrebbe funzionare”. Ciò che è peggio è che l’uso è per lo più basato su mancanza di prove, che sulla loro presenza. Per anni ho letto notizie su come il celacanto era rimasto identico ai suoi cugini fossili 100 milioni di anni fa finché non hanno cominciato a saltar fuori fossili di celacanto morfologicamente diversi. Non mi vengono in mente esempi di percorso inverso, ma magari sono male informato io.

Comunque sia, io capisco che l’idea del fossile vivente è intrigante e curiosa e fa aguzzare le orecchie anche a chi di certe cose normalmente se ne frega, ma quando hai FELCI FOSSILI IN CUI SI VEDONO I CROMOSOMI GIUDA BALLERINO magari possiamo evitare di ricorrere a certi stratagemmi retorici.

Paper di riferimento:
Fossilized Nuclei and Chromosomes Reveal 180 Million Years of Genomic Stasis in Royal Ferns, Bomfleur et Al. Science 21 Mar 2014 Vol. 343, Issue 6177, pp. 1376-1377
DOI: 10.1126/science.1249884
http://science.sciencemag.org/content/343/6177/1376
Paywallato, ma se usate Unpaywall si trova legalmente accessibile su una repository pubblica

Photocredits: la microscopia viene dall’img 1 del paper, Osmundastrum cinnamomeum da Antepenultimate CC-BY-SA 4.0 via wikimedia commons:
https://commons.wikimedia.org/…/File:Osmundastrum_cinnamome…

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