Perché il cioccolato è tossico per i cani

Qualche tempo fa ho scritto un articolo sul perché l’aspirina è tossica per i gatti, andando ad indagare le cause profonde (evolutive) della questione; e a quanto pare è stato un articolo socialmente utile, vista la considerevole quantità di gente che trova l’articolo cercando ” posso dare l’aspirina al gatto” o chiavi di ricerca simili (o più inquietanti, tipo “veleno per gatti”.)

Similmente alla questione gatti-aspirina c’è la questione cani-cioccolato: anche questa viene continuamente ripetuta come differenza fisiologica incolmabile tra uomo e animale, senza purtroppo avere molta cognizione di causa dei come e dei perché.

Ciò che è veramente tossico per il cane non è la cioccolata nel suo insieme, ma una classe di composti alcaloidi (un alcaloide è semplicemente una molecola con un gruppo azotato basico) che si chiamano metilxantine:  le più celebri (e quelle che ci interessano in questo caso) sono la teobromina, la caffeina, e la teofillina. Tutti e tre questi composti sono presenti nella cioccolata, ma quello in maggiore quantità è la teobromina. Anche caffeina e teofillina sono tossici, quindi evitate di dare caffé o tea ai vostri cani (e anche ai gatti, son tossici pure per loro). Non che ci sia una buona ragione per darglieli, ma vabbé.

Perché le metilxantine sono tossiche per i cani ? Beh, tecnicamente, le metilxantine sono tossiche per tutti, uomo incluso. Ma, come al solito, quando si parla di tossicità, è bene ricordarsi l’immortale massima di Paracelso: ” La dose fa il veleno. ” Si presta più attenzione al fatto che la cioccolata sia tossica per i cani, perché è forse un fatto più familiare ai padroni: in realtà, per i gatti è ancora più letale, ma dal momento che i gatti non hanno recettori per il dolce, come sapete se avete letto il precedente articolo sul perché i carnivori hanno un pessimo gusto, tendenzialmente non gli piace e non la mangiano. I cani quei recettori li hanno, e quindi tendono a sbafarsi il cioccolato in tutta la sua bontà in pochi istanti, con risultati pessimi.

La struttura chimica delle tre metilxantine del cioccolato. Fate caso che teobromina e teofillina, pur avendo entrambi due gruppi metili (i CH3), li hanno in posizioni differenti.
PhotoSource: cliccate l’immagine.

Come sicuramente sapete, la caffeina è eccitante;  teobromina e teofillina differiscono solo dal numero di gruppi metile (CH3) attaccati alla struttura (la caffeina ne ha 3, la teobromina ne ha due). Questa differenza, apparentemente piccola, dà origine ai differenti effetti fisiologici. Tutte e tre le sostanze sono stimolanti del sistema nervoso: quello che fanno è ostacolare il funzionamento dell’adenosina nel cervello e nel resto dell’organismo. L’adenosina ha una miriade di funzioni, tra cui quella di neuromodulatore: riduce la frequenza degli impulsi nervosi spontanei e in questo modo rallenta il rilascio di altri neurotrasmettitori. Questo avviene sia nel sistema nervoso centrale che nel resto dell’organismo: laddove ci sono i recettori per l’adenosina, una metilxantina, tendenzialmente, può infilarsi. La parola chiave è però “tendenzialmente”: le metilxantine cercano di fregare il recettore usando la loro struttura tridimensionale simile a quella dell’adenosina, ma non tutti i recettori sono egualmente promiscui, e, come abbiamo detto prima, i diversi gruppi metile danno una forma leggermente diversa alla molecola. Per questo, ad esempio, la teofillina viene utilizzata farmacologicamente nei broncodilatatori per l’asma: si infila nei recettori dell’adenosina e rilassa il tessuto bronchiale fingendosi un neuromodulatore rilassante, ma, contemporaneamente, al contrario della caffeina, non riesce ad infilarsi nei recettori del sistema nervoso centrale, e quindi non dà gli stessi effetti neuroeccitatori della caffeina (che in questo caso sarebbero effetti collaterali).

Ancora una volta, la questione che influenza più di ogni altra la tossicità è l’emivita. Se somministriamo teobromina ad un essere umano, questa, dopo essere per qualche via giunta nel sangue, avrà una certa concentrazione. Facendo misurazioni successive, possiamo vedere dopo quanto tempo questa concentrazione diventi la metà: questo parametro è detto, in una semplice parola, emivita. L’emivita di una sostanza dipende da quanto l’organismo è rapido a degradare la sostanza: 1 g di teobromina nell uomo  ha un’emivita è pari a circa 7 ore, il che significa che se appena entrata in circolo la concentrazione di teobromina nel sangue sarà x, dopo sette ore sarà 1/2 x. La concentrazione nel sangue dipende non solo dalla dose in entrata, ma anche dal peso corporeo di chi la riceve: per questo motivo una piccola quantità di cioccolato è molto peggio per un gatto (che tendenzialmente è più piccolo) che per un cane. Ancora una volta, niente di complicato.

L’emivita della teobromina nel cane non è però solo 7 ore, ma 17.5: il che significa che a parità di peso corporeo (prendendo ad esempio un bambino e un cane di 20 kg), nel sangue di un cane la teobromina si può accumulare molto più rapidamente, raggiungendo concentrazioni tossiche. Facendo un parallelo, per ammazzarsi bevendo caffé servono come minimo (considerando 180 mg di caffeina per tazza di caffé, che è caffé bello forte) 55 tazze di caffé in un giorno. Una cosa del genere è sostanzialmente impossibile: ma se cominciamo a dimezzare il peso, e quindi di tazzine ne bastano 23, e triplicare l’emivita, e quindi triplicare il tempo utile per il suicidio-via-caffé, come sarebbe la situazione per un cane, ecco che per quanto improbabile la prospettiva non è poi così impossibile.

Perché cani e gatti non riescono a smaltire la teobromina bene quanto riescono gli esseri umani ? La risposta è nei citocromi, in particolare nel sempre ubiquo citocromo P450.

La struttura tridimensionale di un isoforma del citocromo P450 (in particolare, CYP51A1). Vedete quelle palline verdi nel cuore della proteina ? Si tratta di un gruppo eme, lo stesso tipo di struttura che c’è nell’emoglobina e che rende speciali i citocromi rispetto ad altri enzimi metabolici. E’ anche bella esteticamente.
Photocredits: Ayacop via wikicommons

Un citocromo è un enzima metabolico, una proteina che degrada altre sostanze. La superfamiglia dei citocromi P450 include una quantità spropositata di questi enzimi, che svolgono con diversa specificità la loro funzione catabolica. A noi esseri umani i citocromi P450 interessano particolarmente perché controllano oltre il 75% del metabolismo dei farmaci. Fanno il modo che la sostanza che viene dall’esterno subisca varie modificazioni chimiche e venga resa inoffensiva ed espulsa, perché, tendenzialmente, all’organismo non piace essere perturbato; noi sfruttiamo quello che sappiamo dei citocromi per usare le loro abilità a nostro favore: ad esempio, per assicurarci che un farmaco raggiunga il suo bersaglio e non si disperda nell’organismo, lo manipoliamo chimicamente di modo che possa essere biodisponibile (cioè usato dall’organismo) solo dopo essere stato trattato da un citocromo, evitando che si attivi troppo presto o troppo tardi.

L’enzima di questa famiglia che si occupa di degradare (oltre a molte altre cose) la teobromina è il citocromo P450 1A2, abbreviato CYP1A2. Questo enzima, come la maggioranza dei citocromi P450, è un’isoforma: cioè ci sono piccole differenze a livello genetico (come degli SNPs, ovvero delle differenze di una singola base nel gene per la proteina), di splicing (cioè partendo dallo stesso gene si assemblano le parti in modo differente), o a livello post-traduzionale ( gruppi chimici che vengono aggiunti dopo la sintesi e modificano la forma 3D della pmodifica) tra la mia CYP1A2  e quella di te, lettore random non imparentato con me che stai leggendo.

Ad esempio, le donne hanno versioni del CYP1A2 più efficienti di quelle degli uomini, e i neri hanno una variante più attiva di quella dei bianchi. Queste variazioni sono molto interessanti non solo per tutti quelli che studiano la farmacogenomica e sognano un giorno di poter creare una terapia farmacologica personalizzata basata sul genoma del paziente, ma ci aiutano anche a capire la farmacocinetica (assorbimento, distribuzione, metabolismo, degradazione) di certi composti.

Se vogliamo capire perché la teobromina non viene efficacemente degradata nei cani, dobbiamo capire che differenza c’è fra il nostro CYP1A2, e il CYP1A2 canino.

E, in maniera abbastanza sorprendente, la differenza tra il citocromo CYP1A2 umano e canino è molto probabilmente data da semplici polimorfismi di singole basi nel genoma, non sostanzialmente diverse dalle differenze che ci possono essere tra bianchi e neri; non solo, diversi cani, a seconda delle loro varianti alleliche, hanno diversa sensibilità alla teobromina. La variabilità intraspecifica (che nell’uomo per quanto riguarda il CYP1A2 è moltissima, con certe varianti 76 volte più attive di altre) si sovrappone alla variabilità interspecifica in quello che forse è un gradiente continuo.

E per chi dovesse arrivare qui preso dal panico tramite google e non perché è curioso: Se il vostro cane ha mangiato una quantità considerevole di cioccolata, cercate di indurre il vomito (non infilandogli un dito in gola: dategli un cucchiaio di sale o, se non funziona, di acqua ossigenata) e contattate il prima possibile un veterinario.

  1. Adesso allora devi anche spiegare perchè il latte è velenoso per i ricci

  2. Davvero Illuminante

  3. Credo che il latte bovino sia velenoso per i ricci semplicemente perché sono animali adulti e non hanno pià la lattasi attiva (l’uomo è una eccezione, il gene che codifica per la lattasi in teoria dovrebbe spegnersi gradualmente in fase di svezzamento e non essere più riattivabile), quindi il lattosio non viene digerito nel loro intestino (senza lattasi non può scinderlo in glucosio e galattosio), e richiama acqua, causando diarrea, gonfiore, e altri sibntomi che gli intolleranti al lattosio conoscono.
    Se poi ci sono altre motivazioni, sono curiosa di saperle, davvero… comunque ho raccomandato un sacco di volte ai bambini che, se trovano un riccio, possono farselo amico con lumaghe e croccantini per gatti, non col latte.
    PS: segui da parecchio questo bellissimo blog (e l’ho anche spammato a destra e a manca tra i miei amici e conoscenti), ma sono tendenzialmente pigra e non ho mai commentato. Oggi faccio de-lurk ^_^

  4. Credo che il latte bovino sia velenoso per i ricci semplicemente perché sono animali adulti e non hanno pià la lattasi attiva (l’uomo è una eccezione, il gene che codifica per la lattasi in teoria dovrebbe spegnersi gradualmente in fase di svezzamento e non essere più riattivabile), quindi il lattosio non viene digerito nel loro intestino (senza lattasi non può scinderlo in glucosio e galattosio), e richiama acqua, causando diarrea, gonfiore, e altri sibntomi che gli intolleranti al lattosio conoscono.
    Se poi ci sono altre motivazioni, sono curiosa di saperle, davvero… comunque ho raccomandato un sacco di volte ai bambini che, se trovano un riccio, possono farselo amico con lumaghe e croccantini per gatti, non col latte.
    PS: segui da parecchio questo bellissimo blog (e l’ho anche spammato a destra e a manca tra i miei amici e conoscenti), ma sono tendenzialmente pigra e non ho mai commentato. Oggi faccio de-lurk ^_^

    • Sì, dovrebbe funzionare per loro come per tutti i mammiferi, solo che essendo di taglia minore gli fa più danno più in fretta.

      Grazie per i complimenti (E lo spam. Soprattutto lo spam.)!

  5. Finalmente una spiegazione che vada al di là de “perché di sì!” 🙂 illuminante davvero

  6. Due anni di Prosopopea! | Prosopopea - pingback on 07/04/2013 @15:49
  7. Due anni di Prosopopea! | Prosopopea - pingback on 07/04/2013 @15:49
  8. Riga 41, dopo ” circa 7 ore, il che significa che se appena entrata in circolo la concentrazione di”… aspirina? Scommetto che lo hai copiato ed incollato da “l’aspirina è tossica per i gatti”
    (il primo lettore troppo attento dopo due anni :P)

  9. Riga 41, dopo ” circa 7 ore, il che significa che se appena entrata in circolo la concentrazione di”… aspirina? Scommetto che lo hai copiato ed incollato da “l’aspirina è tossica per i gatti”
    (il primo lettore troppo attento dopo due anni :P)

  10. Paolo Puccetti

    Mai letto tante assurdità (ad se., l’adenosina è un broncocostrittore, non un dilatatore; l’emivita non dipende dalla dose, etc.) in un surrogato scientifico. Per non parlare poi delle metilxantine che non sono alcaloidi.

    • L’emivita dipende dal volume di distribuzione e dalla clearance.

      Le metilxantine _sono_ alcaloidi.

      • Paolo Puccetti

        L’emivita è una costante (rapporto tra 2 costanti), ed è indipendente dalla concentrazione (al contrario di quello affermato nell’articolo). Il cioccolato contiene caffeina e teobromina ma non teofillina, che l’unica base xantinica, fino ad oggi dimostrato, a comportarsi da efficiente antagonista dei recettori adenosinici (si usa nell’asma, a differenza delle altre basi xantiniche). Ma se uno prende per buono l’aumento dell’AMP ciclico, che è il classico meccanismo d’azione – comune a tutte – delle metilxantine, l’adenosina non c’entra. C’entra la attività antifosfodiesterasica. La teofillina passa benissimo la barriera ematoencefalica. Gli SNPs sono responsabili dei polimorfismi (varianti alleliche del gene) non delle isoforme enzimatiche (codificate da geni standard). L’attribuzione delle basi xantiniche agli alcaloidi a nucleo adenosinici è discutibile perchè empirica. Se si tratta di prosopopea, che prosopopea sia.

      • Sull’emivita infatti non ti contraddicevo, ma DoppiaM in realtà nell’articolo ha scritto il contrario.
        Sugli alcaloidi, hai scritto tu “metilxantine che non sono alcaloidi.”

        • Paolo Puccetti

          Non esiste un criterio univoco per definire un alcaloide, neanche l’azoto eterociclico, perché gli alcaloidi amminici, per esempio, non ce l’hanno, e non tutti precipitano con i reagenti classici. È la tradizione farmacognostica che fa testo, in base all’uso ed alla tossicità, e questa da lunga data li classifica come ‘basi xantiniche’. Per esempio, un criterio è la dose (sono attivi a dosaggi molto bassi) ed il ristretto indice terapeutico. Ed infine, e poi chiudiamo, un recettore è promiscuo quando lega molecole strutturalmente non correlate. Adenosina e xantine lo sono.

  11. Hai ragione,l’articolo nel complesso fa abbastanza schifo e non va da nessuna parte, e la parte sulla definizione di emivita non so neanche come aggiustarla. Ma non ho scritto che l’adenosina è un broncodilatatore (ho scritto che lo è la teofillina, che lo fa legandosi ai recettori dell’adenosina).
    E sono abbastanza sicuro che le metilxantine siano alcaloidi, come riporta sia il mio libro di testo sia quasi tutto quello che trovo su google e PubMed, mi da ragione.

    Grazie per la critica costruttiva, se hai altre osservazioni o riferimenti per la questione alcaloidi te ne sarei grato.

  12. Paolo Puccetti

    L’emivita è una costante (rapporto tra 2 costanti), ed è indipendente dalla concentrazione (al contrario di quello affermato nell’articolo). Il cioccolato contiene caffeina e teobromina ma non teofillina, che l’unica base xantinica, fino ad oggi dimostrato, a comportarsi da efficiente antagonista dei recettori adenosinici (si usa nell’asma, a differenza delle altre basi xantiniche). Ma se uno prende per buono l’aumento dell’AMP ciclico, che è il classico meccanismo d’azione – comune a tutte – delle metilxantine, l’adenosina non c’entra. C’entra la attività antifosfodiesterasica. La teofillina passa benissimo la barriera ematoencefalica. Gli SNPs sono responsabili dei polimorfismi (varianti alleliche del gene) non delle isoforme enzimatiche (codificate da geni standard). L’attribuzione delle basi xantiniche agli alcaloidi a nucleo adenosinici è discutibile perchè empirica. Se si tratta di prosopopea, che prosopopea sia.

  13. Sull’emivita infatti non ti contraddicevo, ma DoppiaM in realtà nell’articolo ha scritto il contrario.
    Sugli alcaloidi, hai scritto tu “metilxantine che non sono alcaloidi.”

Lascia un commento


NOTA - Puoi usare questiHTML tag e attributi:
<a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Trackbacks e Pingbacks: