Oggi è il 138esimo anniversario della scoperta del Gallio. Può sembrare una nozione assolutamente inutile, ma in realtà è stata uno dei momenti più importanti nella storia della chimica, per cui vale la pena spenderci due righe.
E’ il 1871. Dimitri Mendeleev ha pubblicato la sua prima versione della tavola periodica. E’ uno strumento nuovo che cerca di organizzare in maniera sistematica le conoscenze sugli elementi noti al tempo. Purtroppo per Mendeleev, però, ha dei buchi: perché torni la periodicità, dovrebbero esistere degli elementi che non sono mai stati isolati.
” Sono rari “, dice Mendeleev, e su alcune caselline vuote scrive Eka-alluminio, Eka-silicio e Eka-germanio, assieme alle proprietà che la sua tavola prevede. ” Sei un cialtrone”, gli risponde la società internazionale di chimica, che paragona la sua nuova tavola alla Legge degli Ottavi di Newlands, un precedente tentativo di sistematizzare gli elementi chimici che conteneva intuizioni sorprendentemente giuste, condannato al ridicolo da un parallelo infelice con le ottave musicali.
Il fatto di doversi “inventare” degli elementi per mantenere la periodicità della sua tavola, non piaceva ai contemporanei di Mendeleev. Sembrava un ipotesi ad hoc, un trucco per far tornare i conti, più che una legittima previsione.
Mendeleev, tuttavia, non era un cialtrone. La sua tavola periodica prevedeva il peso atomico degli elementi, e sempre più chimici si rendevano conto che i numeri di Mendeleev erano più accurati di quelli che usavano precedentemente. Qualcosa di giusto c’era, per forza: si inizio quindi una gara a cercare di confermare o smentire le varie cifre di Mendeleev, indipendentemente dalle chiacchiere filosofiche e dai dibattiti sulla validità della tavola periodica in sé.
Su questo sfondo entra in scena Paul-Émile Lecoq de Boisbaudran, che, come intuibile dal nome, era un ricco aristocratico francese. Grazie ai soldi della sua famiglia, che commerciava vini, era largamente istruito ed erudito, e come passatempo, invece di dedicarsi al polo o alla caccia alla volpe (o forse insieme), si affumicava i polmoni con alambicchi vari. La sua possibilità economiche e la sua passione lo resero presto uno dei pionieri della spettroscopia, un tecnica che era ideale per riconoscere nuovi elementi. La luce riflessa da una roccia poteva essere utilizzata per identificare gli elementi presenti in essa: Lecoq decise di sfruttare questa tecnica per ottenere grandi quantità di elementi il più puri possibile, per smentire o confermare i pesi atomici di Mendeleev.
Nel 1874, Lecoq si fece spedire 54 kg di rocce da una cava sui Pirenei. Erano rocce piene di zinco, e Lecoq cominciò a cercare di purificarne il più possibile. Usando le sue tecniche di spettroscopia, trovo linee spettrali inattese. Convinto inizialmente fossero impurità, passò a quantità di rocce sempre più grandi, fino a partire da quattro tonnellate di rocce per isolare 75 grammi di quello che lui credeva essere un nuovo tipo di zinco. I suoi esperimenti, del resto, erano molto vicini, anche se non perfettamente identici, alle previsioni della tavola di Mendeleev per le proprietà dello zinco. Stava facendo uno degli errori più proficui della storia della scienza.
Convinto di aver fatto solo una scoperta minore, spedì una lettera con i suoi risultati direttamente a Mendeleev. Quest’ultimo, molto impegnato in varie diatribe, trovò comunque il tempo di rispondere a Lecoq, facendogli presente che aveva fatto una serie di errori sistematici nelle sue misurazioni.
Lecoq si rese conto che Mendeleev aveva ragione. Un poco scoraggiato, ripeté gli esperimenti.
E scoprì che quello che aveva tra le mani non era dello strano zinco, ma l’eka-alluminio di Mendeleev. Era raro davvero!
Paul-Émile Lecoq de Boisbaudran, che già prima non era l’ultima ruota del carro, diventò immediatamente una celebrità scientifica. Aveva in un sol colpo scoperto un nuovo elemento e tappato un buco nella tavola periodica, dimostrando che quelle che a molti sembravano solo ipotesi ad hoc erano in realtà previsioni non solo utili, ma molto accurate.
Lecoq ricevette una valanga di medaglie e premi in denaro, diventando una celebrità. Avendo il diritto di dare il nome all’elemento, spinto da spirito patriottico lo chiamo Gallio, in onore della sua patria francese. Come i lettori più poliglotti avranno notato, Lecoq significa letteralmente gallo: le malelingue e gli invidiosi fecero immediatamente notare la cosa, accusando il francese di hubris per aver dato il suo nome all’elemento, ma lui negò queste illazioni per tutta la vita. Facciamo finta che sia stata una fortunosa coincidenza, utile per permettermi di scrivere l’allitterato titolo del post, e bon.
Non contento di aver scoperto un elemento e aver dato credibilità internazionale alla tavola periodica, Lecoq andò avanti a lavorare con montagne di rocce alla ricerca di elementi rari, scoprendo anche il samario e il disprosio.
Gallio, samario e disprosio sono in qualsivoglia dispositivo elettronico stiate utilizzando in questo momento per leggere questo inchiostro digitale, per cui Lecoq è in piccola parte responsabile anche del trionfo di tecnologia moderna che avete sotto le mani.
In questo lieto anniversario, trovate un vino francese appropriato, e fate un brindisi per il Gallo che scoprì il Gallio.
E’ perfetto! posso ribloggarlo su unpodichimica?
Certo che sì, basta ci metti un linkino.
Tutto quello che passa nel blog è CC-3.0-NC-Attribution-ShareAlike 😉
L’ha ribloggato su unpodichimicae ha commentato:
138°Compleanno del Gallio, l’elemento n°31
come il 31°Carnevale della Chimica, on line in questi giorni 🙂
fatto! grazie, grazie 🙂
Grazie a te! Son contento che sia piaciuto.
Se davvero è stato lui a scoprire il samario allora ha un gran merito, perché con il samario (e l’europio) è stato fatto uno dei più belli esperimenti di fisica di tutti i tempi: quello di Goldhaber.
Altro che prosopopea…sei un mito, bellissima questa narrazione…ne’ pesante, ne’ pedante…prosit!!!