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La strada per l’inferno è lastricata di mattoni gialli

La maggior parte delle persone che visita questo blog è probabilmente familiare con il concetto di strawman, tipicamente reso in italiano con l’agghiacciante traduzione a stampo “uomo di paglia” al posto del più elegante “spaventapasseri”; è quella fallacia logica informale per cui invece di “attaccare” la posizione del proprio “avversario” in un dibattito, gli si attribuisce una posizione o argomentazione che l’altra parte non ha mai sostenuto, ma in modo che sia abbastanza simile da ingannare i tordi.

Esempio semplice per rendere l’idea:
A: Ridurre le emissioni di CO2 è la strategia più immediata e accessibile che abbiamo per mitigare gli effetti del riscaldamento globale
B: RIDICOLO! Gli ambientalisti credono che distruggendo la nostra economia si possa ricostruire il giardino dell’eden!

E’ una forma di prestidigitazione, una distrazione dall’argomentazione principale, ergendo un povero spaventapasseri che non ha armi per difendersi e può quindi soltanto incassare colpi. Che è poi la ragione della traduzione “uomo di paglia” invece che “spaventapasseri”: il termine originale si riferiva ai manichini da giostra che i cavalieri maciullavano in allenamento. Ma, per motivi che saranno chiaro più avanti e che includono l’intenzione di fare il gioco di parole coi tordi due paragrafi fa, continuo a preferire il termine spaventapasseri.

Al contrario di molti, che trovano gli strawman particolarmente insopportabili, o perniciosi, o fastidiosi, non credo che nella maggioranza dei casi gli spaventapasseri siano un grosso problema. In primis, perché, almeno nei circoli in cui giro io, ormai tutti sanno cos’è e non aspettano altro per attribuire questo sofisma agli avversari e ottenere una vittoria per squalifica; in secondo luogo perché, tipicamente, quello che succede dopo che viene eretto un uomo di paglia è il precipitare frettoloso della discussione verso ingiurie varie e accuse di disonestà; e infine perché, forse per ingenuità, forse per paranoia, tendo sempre ad assumere che quando una persona prende le mie parole e ci ricostruisce un fantoccio di fieno completamente diverso lo faccia perché non ha veramente capito niente di quello che sto cercando di dire, e non perché sta disperatamente cercando di guadagnare punti retorici.

Photocredits: Isako, via Flickr, licenza CC-BY-SA

Sempre che non stia effettivamente cercando di spaventare passeri. In tal caso, per quanto sia inevitabile che gli uccelli prima o poi sgamino l’inganno, è molto meglio utilizzare un finto predatore (per esempio la sagoma di un rapace) e spostarlo frequentemente. Photocredits: Isako, via Flickr, licenza CC-BY-SA

Ma nella terra di Oz si aggirano creature ben più dannose di poveri spaventapasseri senza cervello: sto parlando del terribile uomo di latta.

Uno dei più recenti progressi nella moderna costruzione di nuovi modi per avere torto facendo finta di essere nel giusto è l’uomo di latta, così battezzato da me in questo istante, per fare una distinzione tutto sommato banale ma che ritengo importante importante.

L’uomo di paglia è un’argomentazione terribile che nessuno ha mai avuto intenzione di sostenere, che viene inventata soltanto perché l’altra parte abbia qualcosa di semplice da sconfiggere. L’uomo di latta è un’argomentazione terribile che è sostenuta solo da un numero non rappresentativo di persone, che viene tirata in ballo di modo che la controparte abbia qualcosa di semplice da sconfiggere.

Se l’uomo di paglia è il fantoccio con cui il cavaliere fa pratica sicuro che questi non reagirà mai, l’uomo di latta è un biacco innocente che si trova di fronte un guerriero bardato in corazza a piastre, per poi essere spacciato in taberna come temibile basilisco.

La Strega Cattiva dell’Est è un angioletto a confronto di chi usa questo temibile artificio retorico antropometallico. Photocredits: W.W. Henslow Pubblico Dominio

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Tutto causa il cancro (Il bias dei cappelli bianchi)

Avete mai notato come le sezioni salute della maggior parte dei giornali (e blog) siano ormai intente nell’impresa titanica  di dividere ogni singolo alimento e ingrediente in cosa fa venire il cancro e cosa no?

E, non fraintendetemi, capisco il principio che c’è dietro. Il cancro è probabilmente una delle cose più terrificanti per la maggior parte delle persone, e sei vuoi leggere, o beccarti il click, o sei genuinamente interessato a morire il più tardi possibile e vivere nel mentre restando il più in salute possibile, ecco che la nutrizione diventa sproporzionatamente importante.

Così, su nelle torri eburnee è stata inventata l’epidemiologia nutrizionale, una disciplina legittima che si trasforma in circa un migliaio di pubblicazioni scientifiche l’anno, che, apparentemente, si trasformano in un migliaio di articoli pop che senza la benché minima nuance si trasformano in articoli tipo “Il cibo x fa venire il cancro” e “l’ingrediente y protegge dalle malattie cardiache”, etc. E di conseguenza non c’è da meravigliarsi se i consumatori sono confusi sotto questo bombardamento di informazioni, e vanno o in panico per ogni nuovo “rivoluzionario studio” o ad un certo punto diventano scettici e cominciano a sbattersi le palle.

A questo si può aggiungere che in Italia non serve quasi nessuna qualifica specifica per farsi chiamare Nutrizionista; secondo l’Ordine dei Biologi, basta essere iscritti all’albo per poter potersi definire tale; il che significa che sebbene io mi occupi di evoluzione e genetica di popolazione domani potrei mettere “Dott.  Biologo Nutrizionista” forte dei 3 crediti scarsi di alimentazione umana nella mia carriera accademica, e nessuno potrebbe legalmente dirmi niente. Il fatto di ottenere prima una specifica qualifica in ambito di alimentazione è semplicemente un consiglio o una raccomandazione dell’ordine. Questo non significa che i biologi nutrizionisti (o i dietologi, a cui si applicano più o meno le stesse regole, con l’aggravante che il termine non è legalmente protetto) siano necessariamente profittatori incompetenti e senza scrupoli, ma, ad esempio l’Associazione Nazionale Dietisti ha recentemente pubblicato un report, in cui esprime preoccupazione  per  ” […] l’eterogeneità e la numerosità degli accessi (ai master in nutrizione, ndr), aperti contemporaneamente a molteplici tipologie di laureati con provenienze formative e ambiti professionali molto diversi tra loro, e molti dei quali senza alcuna competenza di base in ambito nutrizionale e sanitario “. E per quanto improvvisarsi senza il benché minimo di qualifiche sia più o meno il tema conduttore di questo blog, farlo per profitto sparlando di nutrizione penso sia come minimo poco etico; e anche quando viene fatto in buona o buonissima fede e non per mero guadagno, rischia di perpetuare  perniciosi miti da una supposta posizione di autorità.

(N.B: Non sono assolutamente sicuro che sia ancora così da quando esistono le lauree specialistiche in biologia della nutrizione, ma lo era appena 4-5 anni fa e quelle lauree già esistevano, quindi se dovessi sbagliarmi non c’è bisogno di divorarmi nei commenti: al massimo quello che sto dicendo è out-of-date. se così fosse, fatemi sapere)

E ovviamente, questa cacofonia di consigli e questa iper-medicalizzazione della dieta crea una nuova enorme nicchia per ciarlatani e pseudoscienziati di ogni tipo per approfittarsi di chi vorrebbe solo stare meglio (o essere più magro).

Breve parentesi metodologica su come funzionano gli studi epidemiologici sulla nutrizione: se già sapete come funziona, e siete familiari con termini come studi longitudinali o meta analisi, skippate con gusto la prossima parte.

Un gattino puccioso segna l’inizio e la fine della parte skippabile dai lettori “avanzati”. Photocredits: ” <3KawaiiCloud<3 ” via Flickr

Un gattino puccioso segna l’inizio e la fine della parte skippabile dai lettori “avanzati”.

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