E’ passato quasi un mese dalla morte di Neil Armstrong.
L’ho scoperto mentre ero in vacanza, navigando con il mio smartphone sulla rete wifi dell’ostello. La mia prima reazione, ancora prima di rattristarmi, è stato sentirmi oltraggiato. Non per tutte le battute più o meno tristi che giocavano con la confusione fra Neil Armstrong/ Lance Armstrong/Louis Armstrong. L’idea in sè che l’Universo avesse un Neil Armstrong morto e uno Scilipoti vivente semplicemente era troppo, e la mia reazione è stata più o meno analoga a quella del tifoso medio quando viene assegnato un rigore contro la sua squadra.
La seconda cosa che mi è balzata in mente è una frase celebre attribuita a Neil, che ora è immortalata in un dozzilione di varianti di poster/fumetti/foto per una conveniente condivisione su FB. Qui sotto un esempio:
Che è praticamente una variante nerd del sempreverde “Carpe Diem”, o una variante un po’ più raffinata del più recente YOLO.
Ma in quel momento, fissando i 3.2 pollici di schermo dello smartphone, quell’affermazione era diventata più importante del fatto in se. Neil aveva ragione ? Abbiamo davvero un numero finito di battiti del cuore prima di morire ? Dobbiamo davvero sorbirci altri ~30 anni di Scilipoti ?
Sentivo l’urgente bisogno di trovare risposta a questa domanda, ma la mia ragazza mi stava trascinando fuori verso un hipsterissimo concerto jazz in un hipsterissimo locale parigino, quindi l’unica cosa a cui potevo appellarmi per trovare una risposta erano i meandri della mia memoria.
E io ho una pessima memoria.