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Séralini torna all’attacco: ” Laboratory Rodent Diets Contain Toxic Levels of Environmental Contaminants: Implications for Regulatory Tests “

Penso che più o meno tutti quelli che si trovano a visitare questo sito abbiano almeno una vaga idea di chi sia Gilles-Éric Séralini, ma per chi non dovesse conoscerlo, un breve recap; per ulteriori approfondimenti c’è sempre Wiki Eng.

Séralini è un docente universitario francese, all’Università di Caen, andato alla ribalta nel 2012 pubblicando un articolo dal titolo “Long term toxicity of a Roundup herbicide and a Roundup-tolerant genetically modified maize” , in cui sosteneva che mangimi contenenti mais round-up (un tipo di OGM modificato per essere resistente al glifosato, un erbicida) causavano il cancro nei ratti. Il risultato era stato pubblicato su un journal relativamente marginale ma ottenne un sacco di attenzione dalla stampa, e con quella attenzione un sacco di scrutinio aggiuntivo. Nel giro di un periodo relativamente breve saltò fuori che lo studio era finanziato da tutta una serie di consorzi e aziende anti-OGM (la principale è la CRIIGEN, Committee Of Independent Research and Information on Genetic Engineering, che ha messo i soldini per molti studi anti-OGM e, sorprendentemente ma non del tutto, per promuovere l’omeopatia).

Attaccare i conflitti di interesse non dichiarati dall’Autore, per quanto sia una critica valida dal momento che implica che ci sia qualcosa da nascondere, lascia però il tempo che trova; quello che più di tutti rende il precedente articolo di Séralini inattendibile è la sua metodologia fallace: il ceppo di ratti utilizzato nello studio in questione è naturalmente suscettibile ad una maggiore incidenza di tumori, e nonostante ciò alcuni ratti alimentati con GM risultavano sopravvivere più a lungo; la vita media di questi ratti è di 2 anni, e l’incidenza dei tumori aumenta con l’età: ma la durata dello studio di Seralini era superiore ai due anni, aggiungendo altro rumore di fondo ai suoi risultati. Peggio ancora, oltre al sospetto di magagne nell’analisi statistica, l’articolo sollevava grossi problemi etici, dal momento che Séralini aveva lasciato che i tumori in questi poveri animali crescessero ben oltre quanto fosse accettabile per qualsiasi linea guida internazionale per ottenere foto scioccanti da sbattere in prima pagina prima di sopprimere i ratti malati. Non solo i risultati dell’articolo diventavano statisticamente insignificanti quando comparati con i gruppi di controllo normali dello stesso ceppo di ratto (Sprague Daley) ma erano in diretto conflitto con ricerche pubbliche analoghe, aumentando ulteriormente il sospetto di manipolazioni dovute al conflitto di interesse.

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Sul Whiffy Wheat

Il “whiffy wheat”, il grano odoroso, doveva essere la prima pianta geneticamente modificata per rilasciare un feromone come forma di difesa. Il risultato delle prime prove su campo, condotte dall’Istituto di Rothamsted, il più antico centro di ricerca agronomica pubblico del mondo, è però negativo.
L’idea dietro il Whiffy Wheat è teoricamente semplice. Gli afidi del grano causano 120 milioni di sterline di danni ogni anno nel regno unito. La tecnica più efficiente per contenere questi danni è la lotta integrata, ovvero l’utilizzo di predatori naturali e insetti benefici per tenere lontano gli afidi, ma è difficilmente scalabile su scala industriale che si usa per coltivare il grano nella stragrande maggioranza dei casi. E quindi si usano montagne di insetticidi.

Quella tra insetti e piante è da sempre una storia di co-evoluzione; per questo motivo molte piante hanno “imparato” a manipolare segnali chimici per attrarre o repellere determinati insetti. In questo caso, i ricercatori hanno preso un gene dalla Menta piperita, che sintetizza un terpenoide, un composto aromatico che repelle diverse specie di afidi e attira vespe parassitoidi che depongono le loro uova negli afidi, uccidendoli. Si può, volendo, vederlo come una forma di sistema immunitario subappaltato tramite simbiosi.
I test in laboratorio sono stati molto positivi su tutte e tre le principali specie di afidi dannose, ma il risultato non è stato replicato in campo aperto, con nessuna differenza significativa di resistenza agli afidi tra il grano modificato e la versione commerciale originale.

Per quale motivo? Non è ancora del tutto chiaro, ma gli autori hanno un’ipotesi alquanto plausibile, che ha a che fare con il rilascio del feromone. Normalmente i feromoni e gli altri segnali chimici vengono rilasciati sottoforma di picco: gli afidi ne rilasciano molto quando sono attaccati da vespe parassitoidi, la menta li rilascia quando è danneggiata dagli afidi. Ma il Whiffy Wheat rilascia il feromone ad un livello basso ma costante; ed è probabile che dopo un breve periodo gli afidi si siano adattati a ignorare questo livello come fosse rumore di fondo. Per quanto sulla carta la tecnica sia molto promettente, e dovrebbe ridurre la probabilità di una rapida evoluzione di resistenza, questo specifico esperimento è da rivedere completamente.

Sono due le cose che, secondo me, escono come più interessanti da questo studio: la prima è la capacità degli afidi di abituarsi nel giro di una generazione al rumore di fondo. Non è esattamente un’evoluzione di una resistenza, che richiederebbe cambiamenti genetici e più tempo, ma una sorta di comportamento imparato semplicemente crescendo in un ambiente dove il feromone è costantemente presente.
La seconda è una considerazione di natura sociale. La ricerca in questione era totalmente pubblica: gestita da enti pubblici nel regno unito e finanziata con i soldi dei contribuenti. E molti attivisti anti-OGM stanno strumentalizzando questo risultato negativo (che di per sé non sarebbe un fallimento, perché sapere cosa non funziona è tanto importante quanto sapere cosa funziona) per attacare in toto l’idea dei finanziamenti pubblici alla ricerca sugli OGM. Esemplare in questo senso le dichiarazioni di Liz O’Neill, presidente di GM Freeze, una associazione inglese che aveva protestato negli ultimi 2 anni contro questo esperimento, alla BBC:

“The waste of over £1m of public funding on a trial confirms the simple fact that when GM tries to outwit nature, nature adapts in response.”

Questo, di per sé, non sarebbe particolarmente interessante: ogni scusa è sempre buona per tirare acqua al proprio mulino. Diventa però interessante quando alle sue dichiarazioni aggiungiamo questa piccola postilla, riportata su Nature:

” The protests did not disrupt the research, but making the site secure added around £1.8 million (US$2.8 million) to the study’s research cost of £732,000. “

Ovvero: la ricerca è costata 3 volte tanto per via dei tentati sabotaggi del campo da parte dello stesso gruppo che si lamenta del costo della ricerca.
Creare un problema e usare quel medesimo problema come argomentazione contro qualcosa a cui ci si oppone ideologicamente non è una cosa nuova, ma in questo caso è particolarmente sfacciato.
Un po’ come se ci si opponesse strenuamente alla ricerca pubblica sugli OGM perché non ci si fida delle ricerche promosse da grandi colossi commerciali.

ResearchBlogging.org Bruce TJ, Aradottir GI, Smart LE, Martin JL, Caulfield JC, Doherty A, Sparks CA, Woodcock CM, Birkett MA, Napier JA, Jones HD, & Pickett JA (2015). The first crop plant genetically engineered to release an insect pheromone for defence. Scientific reports, 5 PMID: 26108150