Diciamo che vi svegliate un mattino con una pazza voglia di scoprire quando è vissuto l’ultimo antenato comune tra uomo e nudibranchi.
I nudibranchi sono creature molto carine ed esotiche, e alcuni ricordano terribilmente dei Pokemon.
Sfortunatamente, i nudibranchi sono molluschi. E le cose mollicce tendono a fossilizzarsi molto poco: tanto che non conosciamo fossili di nudibranchi adulti; tutto al più si può trovare qualcosa dello stato larvale, quando queste creaturine non hanno ancora perso la conchiglia.
“Va beh”, dite voi, determinati a trovare almeno una data approssimativa ” Passando da gruppi tassonomici più grandi il problema è meno grave, no ? Io sono un vertebrato, i nudibranchi sono molluschi e quindi invertebrati, posso andare a vedere più o meno quando questi due gruppi si sono separati. ”
Beh, sì e no. Per andare tanto indietro da trovare un antenato comune tra vertebrati e invertebrati bisogna andare… tanto indietro. Più di 600 milioni di anni, prima dell’esplosione del cambriano. E prima del cambriano tutto quello che c’era era molliccio e poco prono a fossilizzarsi, il che vi riporta punto e a capo.
Oh, se solo l’evoluzione fosse un processo regolare, misurabile, costante. Ma non c’è speranza di riuscire a trovare regolarità e costanza nell’evoluzione di qualsiasi arto o organo,dal cervello all’ultimo dei baffi: la selezione darwiniana agisce in maniera diversa tanto più o meno un tratto contribuisce alla sopravvivenza di un organismo. J.B.S Haldane, una volta, propose una misura di un tasso di evoluzione, il Darwin, che misurava cambiamenti proporzionali di generazione in generazione. Applicarlo ai fossili reali era però una tortura: non solo perché bisognava in qualche modo scoprire quante generazioni c’erano tra i fossili, ma anche perché i tassi risultanti passavano in tranquillità dai milliDarwin ai kiloDarwin senza soluzione di continuità. Una causa persa, insomma. O forse no.