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L’insostenibile solitudine dei tripanosomi

È San Valentino, ma io e la mia ragazza da un paio di mesi siamo separati da un oceano e 6500 kilometri, quindi non si batte chiodo. Poteva andare peggio però. I tripanosomi (Trypanosoma brucei gambiense) non fan sesso da 10 mila anni, ma non van mica su facebook a lamentarsi.

Probabilmente non si lamenta perché è un protozoo flagellato, e ad essere microscopici si fa fatica a schiacciare le lettere sulla tastiera. Un po’ deve anche essere perché sto parassita è la causa della malattia del sonno, una di quelle malattie bastarde trasportate dalla mosca Tsetse, che ti consuma lentamente tra febbri alte, dolori di ogni genere, e (nonostante il nome) ti impedisce di dormire finché non muori. Cioè non è proprio il caso che faccia la povera vittima su FB.

Se hai accesso ai farmaci (cosa non scontata, considerando che è una di quelle malattie tropicali “neglette”) è molto probabile che la scampi però. La guarigione è lunghissima, ti lascia con danni permanenti, e devi monitorare che qualcuno di questi cosini non sia sopravvissuto per almeno due anni, ma la scampi. E parte del motivo per cui la scampi è che questo protozoo non fa sesso da 10mila anni, per cui il suo genoma non cambia, per cui i trattamenti non diventano obsoleti.
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Sul Whiffy Wheat

Il “whiffy wheat”, il grano odoroso, doveva essere la prima pianta geneticamente modificata per rilasciare un feromone come forma di difesa. Il risultato delle prime prove su campo, condotte dall’Istituto di Rothamsted, il più antico centro di ricerca agronomica pubblico del mondo, è però negativo.
L’idea dietro il Whiffy Wheat è teoricamente semplice. Gli afidi del grano causano 120 milioni di sterline di danni ogni anno nel regno unito. La tecnica più efficiente per contenere questi danni è la lotta integrata, ovvero l’utilizzo di predatori naturali e insetti benefici per tenere lontano gli afidi, ma è difficilmente scalabile su scala industriale che si usa per coltivare il grano nella stragrande maggioranza dei casi. E quindi si usano montagne di insetticidi.

Quella tra insetti e piante è da sempre una storia di co-evoluzione; per questo motivo molte piante hanno “imparato” a manipolare segnali chimici per attrarre o repellere determinati insetti. In questo caso, i ricercatori hanno preso un gene dalla Menta piperita, che sintetizza un terpenoide, un composto aromatico che repelle diverse specie di afidi e attira vespe parassitoidi che depongono le loro uova negli afidi, uccidendoli. Si può, volendo, vederlo come una forma di sistema immunitario subappaltato tramite simbiosi.
I test in laboratorio sono stati molto positivi su tutte e tre le principali specie di afidi dannose, ma il risultato non è stato replicato in campo aperto, con nessuna differenza significativa di resistenza agli afidi tra il grano modificato e la versione commerciale originale.

Per quale motivo? Non è ancora del tutto chiaro, ma gli autori hanno un’ipotesi alquanto plausibile, che ha a che fare con il rilascio del feromone. Normalmente i feromoni e gli altri segnali chimici vengono rilasciati sottoforma di picco: gli afidi ne rilasciano molto quando sono attaccati da vespe parassitoidi, la menta li rilascia quando è danneggiata dagli afidi. Ma il Whiffy Wheat rilascia il feromone ad un livello basso ma costante; ed è probabile che dopo un breve periodo gli afidi si siano adattati a ignorare questo livello come fosse rumore di fondo. Per quanto sulla carta la tecnica sia molto promettente, e dovrebbe ridurre la probabilità di una rapida evoluzione di resistenza, questo specifico esperimento è da rivedere completamente.

Sono due le cose che, secondo me, escono come più interessanti da questo studio: la prima è la capacità degli afidi di abituarsi nel giro di una generazione al rumore di fondo. Non è esattamente un’evoluzione di una resistenza, che richiederebbe cambiamenti genetici e più tempo, ma una sorta di comportamento imparato semplicemente crescendo in un ambiente dove il feromone è costantemente presente.
La seconda è una considerazione di natura sociale. La ricerca in questione era totalmente pubblica: gestita da enti pubblici nel regno unito e finanziata con i soldi dei contribuenti. E molti attivisti anti-OGM stanno strumentalizzando questo risultato negativo (che di per sé non sarebbe un fallimento, perché sapere cosa non funziona è tanto importante quanto sapere cosa funziona) per attacare in toto l’idea dei finanziamenti pubblici alla ricerca sugli OGM. Esemplare in questo senso le dichiarazioni di Liz O’Neill, presidente di GM Freeze, una associazione inglese che aveva protestato negli ultimi 2 anni contro questo esperimento, alla BBC:

“The waste of over £1m of public funding on a trial confirms the simple fact that when GM tries to outwit nature, nature adapts in response.”

Questo, di per sé, non sarebbe particolarmente interessante: ogni scusa è sempre buona per tirare acqua al proprio mulino. Diventa però interessante quando alle sue dichiarazioni aggiungiamo questa piccola postilla, riportata su Nature:

” The protests did not disrupt the research, but making the site secure added around £1.8 million (US$2.8 million) to the study’s research cost of £732,000. “

Ovvero: la ricerca è costata 3 volte tanto per via dei tentati sabotaggi del campo da parte dello stesso gruppo che si lamenta del costo della ricerca.
Creare un problema e usare quel medesimo problema come argomentazione contro qualcosa a cui ci si oppone ideologicamente non è una cosa nuova, ma in questo caso è particolarmente sfacciato.
Un po’ come se ci si opponesse strenuamente alla ricerca pubblica sugli OGM perché non ci si fida delle ricerche promosse da grandi colossi commerciali.

ResearchBlogging.org Bruce TJ, Aradottir GI, Smart LE, Martin JL, Caulfield JC, Doherty A, Sparks CA, Woodcock CM, Birkett MA, Napier JA, Jones HD, & Pickett JA (2015). The first crop plant genetically engineered to release an insect pheromone for defence. Scientific reports, 5 PMID: 26108150

Piove, batteri ladri

In questo post farò un paio di affermazioni che vi sembreranno strane, contrarie a quello che credete di sapere.  Resistete all’idea di dire ” Ma questo è un coglione!” e proseguite a leggere, o cliccate sui copiosi riferimenti per controllare che quello che sto dicendo ha effettivamente senso.

In primo luogo, l’acqua non congela a 0 gradi Celsius. In effetti, l’acqua fatica a congelare anche a -10 °C, e ha anzi bisogno di una mano per diventare ghiaccio.

L’acqua normalmente congela a temperature inferiori agli 0 °C perché l’acqua, normalmente, è piena di impurità. Il ghiaccio, come tutti i cristalli, si forma molto più facilmente intorno a qualcosa che funga da nucleo, che faccia da stampo per la crescita dei cristalli intorno. Il nucleo funziona come uno schizzo di un disegno, limitando le infinite possibilità della carta bianca a quelle ammesse dalla sagoma dello schizzo, costringendo le altre forme a svilupparsi entro determinati limiti. Il nucleo nella formazione di un cristallo limita i possibili arrangiamenti delle molecole vicine, e forza il cristallo a coalescere e formarsi.

L’acqua veramente ma veramente pura, senza impurità che fungano da nucleo, non congela fino a -48 °C.

L’acqua normalmente è piena di particelle microscopiche di polvere e altra robaccia simile, il che permette la nucleazione; ma queste particelle non sono particolarmente brave a farla ghiacciare. La maggior parte delle polveri organiche non riesce a far congelare l’acqua senza che la temperatura scenda ad almeno -15°c.

Googlando ” Ice Nucleation” tra i primi risultati c’è questa immagine, che non mi è ben chiaro cosa c’entri, ma è bellina comunque. E siccome viene da un sito governativo USA, significa che è sicuramente di pubblico dominio e posso metterla senza problemi.

Sapete cosa funziona bene come nucleo ? I batteri.

Nel 1982, Deane Arny stava cercando di capire perché diavolo alcune piante congelavano più di altre. Essendo una patologa, si rese conto che se la pianta era infetta da Pseudomonas syringae, un batterio parassita, congelava molto più frequentemente e rapidamente. P. syringae produce una proteina particolare, InaZ, che, a causa della sua particolare struttura tridimensionale, permette all’acqua di congelare alla temperatura relativamente alta di -2 °C. E probabilmente non è un caso: facendo cristallizzare l’acqua nella pianta a temperature così basse, il batterio spacca le cellule e riesce ad estrarre più nutrimento, migliorando la sua capacità di parassitare.

Oggi conosciamo un sacco di proteine che fanno la stessa cosa in molte specie, da batteri microscopici a gasteropodi. In alcuni casi la proteina viene utilizzata come difesa, inducendo il congelamento preferenziale di zone dell’organismo che ne sono meno danneggiate. A volte è un effetto collaterale, una conseguenza della struttura tridimensionale della proteina necessaria per qualche altra funzione, che coincidentalmente funziona bene come nucleatore.

L’immagine è bruttina, ma si riesce a capire come questa Rana sylvatica, indigena del Nord America, durante l’inverno congeli quasi completamente. Oltre il 65% dei suoi tessuti diventa ghiacciato, ma utilizzando nucleatori in posizione strategiche, impedisce danno a tessuti importanti, e può scongelarsi senza problemi permanenti in primavera.

Ed ecco una seconda affermazione che può sembrare folle: sono i batteri a far piovere.

L’aria, nuvole incluse, è strapiena di batteri, funghi e altre schifezze che funzionano da nucleatori molto meglio di polvere e altre particelle simili. Alcuni di questi micro-organismi producono proteine simili a InaZ, che formano cristalli di ghiaccio nelle nuvole. Questi cristalli, se diventano abbastanza grossi e pesanti, finiscono  per precipitare sotto forma di neve o di pioggia, a seconda della temperatura (che li fa sciogliere durante la caduta o meno).

Sì, sì, sembra una follia, l’idea egocentrica di un microbiologo che vorrebbe che perfino il clima dipendesse dai capricci di microorganismi vari. Eppure, Pseudomonas syringae viene costantemente rilevato nell’acqua piovana dall’Antartide fino alle Alpi; nella grandine del Montana la concentrazione può arrivare al migliaio di batteri per millilitro, e i ceppi di batteri precipitati sono distinti da quelli locali, il che significa che generalmente arrivano da lontano.

” Beh ma trovare i batteri nel ghiaccio o nell’acqua non significa che siano responsabili del ghiacciamento o della pioggia” dice lo scettico di turno, rammentando bene che correlazione non implica causazione. Ed ha ragione, di fatto: diversi studi preliminari suggeriscono che l’effetto sul clima globale della nucleazione biologica è piuttosto ridotto, tanto da poter essere trascurabile. I batteri non possono controllare se piove o meno: possono decidere di gettarsi dalle nuvole in cui si trovano momentaneamente, cristallizzando i loro dintorni immediati con le loro proteine nucleanti, ma niente più.

Quindi, tecnicamente, non potete dare la colpa ai batteri se piove proprio quando avete organizzato un picnic con la vostra bella  (potete però sempre dare la colpa al governo, se vi va. Alla fine sono tutte forze abiotiche).

Ma potete dire, con ragionevole certezza, che esiste una specie di batteri , alias Pseudomonas syringae, che oltre a parassitare le piante, oltre a sfruttare il ghiaccio per fare parte del suo lavoro, ha imparato a parassitare il dannato ciclo dell’acqua per arrivare dove gli pare sulla terra.

E poi dicono che “parassita” dovrebbe essere un termine dispregiativo. Tzé.

Morris, C., Sands, D., Vinatzer, B., Glaux, C., Guilbaud, C., Buffière, A., Yan, S., Dominguez, H., & Thompson, B. (2008). The life history of the plant pathogen Pseudomonas syringae is linked to the water cycle The ISME Journal, 2 (3), 321-334 DOI: 10.1038/ismej.2007.113

EcoEvoAntropoWookologia Comparata, ovvero: Perché Chewbacca è peloso, e Han solo no

Gli wookie sono, per citare la memorabile descrizione della principessa Leia, “grossi tappeti ambulanti “. Alti due metri e coperti di folti e lunghi peli dalla testa ai piedi, Chewie e i suoi conspecifici non passano inosservati, specialmente quando si mischiano a gente quasi glabra (e ben più gradita alla principessa Leila), come quella canaglia corelliana che risponde al nome di Han Solo.

E’ chiaro che quello sveglio dei due è a destra.

Ma perché Chewbacca è peloso come un bue muschiato e Han Solo no ?

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Coralli, Cavoli e Cugini: come ti subappalto il sistema immunitario

Se volessimo badare al consenso attuale della comunità scientifica internazionale, sebbene quasi tutti gli organismi viventi abbiano qualche tipo di risposta fisiologica contro le invasioni tramite un  sistema immunitario, dovremmo credere che solo i vertebrati hanno la cosiddetta risposta immunitaria adattativa.

Un organismo di qualsiasi dimensione e complessità è esposto in ogni momento di ogni giorno a decine di migliaia di molecole estranee. Solo nel vostro ombelico ci sono qualcosa come 2200 specie diverse di batteri, ognuno con le sue abitudini e le sue secrezioni. Il sistema immunitario deve capire quali molecole sono da fermare, e quali non lo sono.

Il sistema immunitario innato è il primo che entra in azione. Non è specifico, però. La risposta è sempre la stessa, e quello che viene riconosciuto è il genere di invasore o molecola estranea. Esempio illuminante: le ostriche.

Nonostante quello che vi possa aver detto il vostro gioielliere (o le stronzate di cui è pieno internet), la formazione delle perle non ha niente a che vedere con i granellini di sabbia. Hanno a che vedere con una cosa molto più awesome: parassiti. Photocredits: Wildcharm.net

La perla è il prodotto di un verme morto. Trematodi e nematodi perforano la carne molliccia del mollusco, mirando a manipolarlo per essere mangiati da altri ospiti, come uccelli marini. Ma, l’ostrica ha il suo sistema immunitario innato, che attacca il verme soffocandolo in strati su strati di madreperla, la stessa sostanza a base di calcio che tappezza la sua conchiglia. Il verme muore, e può essere appeso a colli e orecchini nella sua prigione eterna.

Le perle più ricercate hanno vermi piccini e tanta madreperla. Ma l’ostrica reagisce anche se viene attaccata da copepodi o piccoli pesci esattamente nello stesso modo, e può ugualmente produrre perle (più bruttine tendenzialmente). Morale della storia ? Il  sistema innato crea una perla, cioè ha una risposta immune, che è uguale indipendentemente da chi sta attaccando.
L’immunità adattativa o specifica sembra essersi evoluta negli gnatostomi, cioè i primi pesci con le mascelle, qualcosa come 410 milioni di anni fa. Questa risposta è più lenta, ma per un motivo: è creata su misura per sconfiggere lo specifico invasore. La risposta è specifica perché il riconoscimento è specifico: il vostro sistema immunitario reagisce in maniera diversa nei confronti di roba pericolosa che ha già incontrato prima; ed è perché abbiamo il lusso di un’immunità adattativa che i vaccini, ad esempio, possono funzionare.

Nonostante il nostro eccessivo vertebrocentrismo, e il consenso della maggioranza della comunità scientifica internazionale, questo dono speciale non è poi così speciale. Gli invertebrati hanno quasi certamente una qualche forma di risposta adattativa, e lentamente si stanno accumulando prove per dimostrarlo. Si è solo evoluta indipendentemente da quella dei vertebrati, e quindi è analoga come funzione, ma non come meccanismi.

Ma certamente le piante e gli altri organismi sessili non possono avere un sistema immunitario adattativo. Non hanno cellule che pattugliano il loro organismo alla ricerca di invasori! Non possono neppure muoversi! Non possono avere immunità specifica…

A meno che qualcuno non si muova e faccia il lavoro sporco per loro.

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Scarafaggi, parassitoidi e libero arbitrio

Nel cercare una foto da aggiungere al sempre crescente numero delle Prosopopic of the day su facebook, sono incappato in un immagine stupenda di uno dei miei parassitoidi preferiti in assoluto: Ampulex compressa, la vespa gioiello.

E’ bellissima, con tutti quei colori iridescenti, quel maestoso addome dall’aspetto metallico, e la sua estrema abilità come neurochirurgo.
Photocredits: Enio Branco via Flickr

Da adulta la vespa gioiello sembra quasi una vespa come tante. Ronza in giro, si accoppia, mette in mostra la sua livrea di modo che fotografi amatoriali possano finire su national geographic. Quando però la femmina deve deporre le uova, comincia il vero divertimento.

Innanzitutto, la femmina cerca uno scarafaggio ben pasciuto: con rapidità fulminea, lo colpisce con il suo pungiglione alla schiena, facendogli contrarre le zampe anteriori. Lo fa per guadagnare tempo e poter infilzare una seconda volta la sua vittima con maggiore precisione: il suo pungiglione penetra l’esoscheletro dello scarafaggio all’altezza della testa, raggiungendo un ganglio cefalico, praticamente il suo cervello.

La maggior parte delle vespe si accontentano di usare una tossina paralizzante per fermare la loro preda. La vespa gioiello è molto peggio. La sua specie pratica l’equivalente di una lobotomia da prima che l’uomo inventasse il fuoco. Ampulax compressa sottrae alla sua vittima il libero arbitrio.

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Perché dobbiamo la nostra esistenza ad un virus

C’è una domanda abbastanza standard nella “divulgazione scientifica” che viene spesso posta a quel genere di scienziati che va in TV a farsi intervistare.

E la risposta a questa domanda è altrettanto standard, almeno dai tempi di Carl Sagan in po: quando ti chiedono ” Qual’è il fatto più straordinario che la scienza ti ha insegnato ” la risposta è un poetico sviolinamento della nucleosintesi stellare. Neil DeGrasse Tyson, Michiu Kaku, Krauss, la Hack, perfino Dawkins (Dov’è l’orgoglio biologico!?!):  a tutti piace ricordare come gli atomi che compongono il nostro stesso corpo, il ferro nel nostro sangue, il calcio nelle nostre ossa, siano stati creati a partire da elementi più semplici in quelle enormi forge a fusione nucleare che sono le stelle, che poi, solo esplodendo hanno potuto spargere i loro prodotti, indispensabili per la vita, nell’universo.

“Dimenticati Gesù”, dice Lawrence Krauss ” Una stella è dovuta morire perché tu potessi vivere “, facendo  eco a modo suo al ” Siamo polvere di stelle ” di Carl Sagan che sicuramente piace a quelli di Stukhtra (un altro blog che dovreste leggere invece di questo)

E, probabilmente, per quanto possa rimproverare Dawkins, se mi aveste preso di sopresa prima della scrittura di questo articolo sarebbe stata anche la mia di risposta, perché la nucleosintesi stellare è una grandissima figata.

Ma, dal momento che io non vado in tv e quindi difficilmente la gente mi può prendere alla sprovvista, voglio proporre una alternativa biologica.

Se non fosse stato per un virus, nessuno di noi sarebbe mai nato.

Gli embrioni di un bradipo, pangolino e armadillo, da On the structure and development of the skull in the mammalia (1874) di William Kitchen Parker, via Openlibrary.org

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Come subappaltare il tuo sistema digerente (se sei una pianta carnivora)

Se leggete questo blog da più di 15 secondi, probabilmente vi sarete resi conto che i vari tipi di simbiosi, parassitismo incluso, oltre ad essere semplicemente sorprendenti, sono uno dei miei argomenti preferiti.

Alcuni insetti sono nemici giurati per le piante, ma ci sono alcune piante che sono nemiche giurate per gli insetti. Ad esempio le piante carnivore, come quelle del genere Nepenthes che tengono molta poca fede al loro nome etimologico ( ne “non”, e πένθος pénthos “dolore). Un insetto cade nell’ascidio (la “bocca”), e lì, incapace di scalare le pareti scivolose, scopre una nuova qualità di dolore e sofferenza mentre viene digerito lentamente per un migliaio di anni.

Sempre che non siate pipistrelli. In tal caso, potete semplicemente utilizzare certe piante come bat-caverne. Notare che la pianta è abbastanza evoluta da poter usare foglielama.

Essere lentamente digeriti non è probabilmente l’idea di divertimento di nessun insetto. Ma c’è una pianta carnivora che potrebbe essere utilizzata come storia dell’orrore nel regno degli artropodi:  Nepenthes bicalcarata.

Una pianta carnivora che digerisce insetti, utilizzando insetti.

Hey, ma, cosa sono quelle ombre in controluc… DUN DUN DUN!

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Fare il parassitoide fa male al karma

Leptopilina boulardi, in una fotografia dall'awesomissimo portofolio di Alex Wild, indispensabile se siete mirmecofili/entomofili.

Leptopilina boulardi è una vespa parassitoide. Depone le sue uova all’interno dei larve di vari ditteri, e, al solito, quando queste si schiudono divorano la larva dall’interno. Ma normalmente, le povere vittime hanno un poco di tregua: Leptopilina sta bene attenta a deporre un singolo uovo per larva, e se trovano una possibile preda già occupata da un uovo altrui, normalmente se ne stanno alla larga.

Normalmente, ma non sempre: perché ogni tanto le vespe ricevono un assaggio della loro stessa medicina.

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Sesso, triangoli, afidi e simbionti

Gli esseri umani hanno svariati svantaggi rispetto ad altri membri del regno animale.

Nel nostro antropocentrismo, ad esempio, consideriamo le malattie sessualmente trasmissibili un grosso problema, possibilmente da evitare.

Fossimo afidi, le malattie sessualmente trasmissibili potrebbero darci superpoteri.

Certo, avremmo sempre il non trascurabile problema di gigantesche vespe parassitoidi che deporrebbero uova nella nostra carne.

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