Sono ad un matrimonio. Al banchetto, precisamente. E non posso fare a meno di pensare che in nessun modo l’essere umano si sia evoluto per questo. Forse è perché mi sento uno straniero in terra straniera, ad un tavolo dove l’unica faccia conosciuta è quella, insopportabile, di mia sorella. Forse è che nessuno si può sentire a suo agio mangiando montagne di cibo ipercalorico ad una temperatura vicina a quella del Sahel; forse è la cravatta che avvinghia il mio collo come un constrictor ubriaco, forse è il bicchiere di vino che mi sono appena scolato, ma l’unica cosa che ho in testa è Paranthropus boisei.
Vorrei che fosse uno scherzo o una trovata pseudo-simpatica per introdurre un argomento, ma è tutto vero. Ricordo vagamente di aver letto qualcosa su Paranthropus bosei e sulla sua dieta, su come dall’analisi della morfologia faceva propendere per un tipo di dieta basata su cortecce e cibi duri, con una mandibola tipo gorilla su cui si inserivano potenti muscoli per macinare il cibo, ma devo andare di pura memoria perché non ho accesso al Wifi. E ora mia sorella mi sta dando un’occhiata inquisitoria e piena di bile. “CON CHI MESSAGGI?! E’ COSÌ IMPORTANTE?!?”gracchia la sua voce più fastidiosa che unghie su una lavagna. Cerco di trovare una scusa credibile per evitare di confessare che sto scrivendo di paleoantropologia, ma l’unica cosa che il mio cervello saturo di grasso e alcool riesce ad inventare è “la mia ragazza è incinta”, il che non sarebbe il massimo per tagliare il discorso. La ignoro ma per farla star più zitta nascondo ancor più lo smartphone sotto il tavolo.
P. Boisei sicuramente non portava scarpe: secondo alcune analisi anatomiche gli esseri umani hanno iniziato a calzare scarpe intorno a 30-40 mila anni fa. Paranthropus boisei viene da un passato ben più profondo, come provvederà a spiegarvi il Me del futuro magari mettendo una bella immagine con una filogenesi degli hominini, perché al momento, il me del presente, non se lo ricorda e non ha il wi-fi.
Ad ogni modo, un’analisi degli isotopi del carbonio dei denti di Paranthropus mostra che la sua dieta era composta principalmente da piante C4 e non, come si pensava, le piante C3.
Ora, sarebbe bello se una procace e disinibita cugina di grado profondo con più pelle esposta che buon senso si avvicinasse suadente al mio orecchio sussurrando ” La fisiologia vegetale mi eccita, parlami ancora “. Purtroppo se c’è una cosa che distingue le fantasie nerd da quelle normali è che le prime sono più irrealizzabili: perdonami lettore se utilizzo te come surrogato per parlar comunque di metabolismi vegetali.
Le piante C3 sono quelle classiche dei climi temperati: durante la loro fotosintesi sfruttano il ciclo di Calvin passando per un composto con 3 atomi di carbonio, il 3-fosfoglicerato; è un ciclo adattato a posti in cui c’è una concentrazione di CO2 moderata, una temperatura moderata, una esposizione alla luce moderata, e l’acqua è abbondante.
Le piante C4 sono invece più adattate per climi caldi e aridi: nel loro ciclo metabolico usano una molecola con 4 atomi di carbonio, l’ossalacetato; a questo sommano un anatomia delle foglie particolare che migliora di molto la loro efficienza fotosintetica a temperature alte, e, di conseguenza, i principali rappresentanti di questa categoria sono piante ed erbe tropicali, più piante più famose come sorgo e mais.
Il che significa che oltre all’anatomia, possiamo prendere un dente fossile e capire che cosa mangiava Paranthropus boisei.
Nell’atmosfera c’è sempre una certo rapporto tra gli isotopi del carbonio C12 e C13, cioè atomi di carbonio non radioattivi ma che comunque hanno un numero di neutroni diversi nel loro nucleo: conseguentemente ci sarà anidride carbonica con carbonio C12 e (meno) con carbonio C13.
Le piante C3 e C4 fissano in maniera diversa l’anidride carbonica atmosferica in sostanza organica mangiabile: e dal momento che tutto il carbonio di cui siamo fatti arriva, per diritto o per rovescio, dalle piante, anche le nostre ossa e il nostro smalto ha un rapporto C12/C13 specifico. Si dà il caso che le piante C4 abbiano enzimi più reattivi, che se ne fregano se per fare le loro molecole a 4 atomi utilizzano C13 o C12, al contrario delle altre piante che sono tendenzialmente più schizzinose. Dal momento che post-mortem avete finito di mangiare, il carbonio che resta dentro il vostro corpo, anche se viene progressivamente sostituito da roba minerale durante la fossilizzazione, avrà un rapporto particolare di C12/C13, da cui si deriva il tipo di alimentazione di questi hominini.
Ora, esattamente perché mi dovrebbe fregare qualcosa dell’alimentazione di un lontano parente vecchio 2 milioni di anni ? Beh, all’inizio ho precisato che si pensava che P.boisei, con la struttura del cranio simile a quella di un gorilla, ha un anatomia adattata a mangiare roba alquanto tenace.
Perché un simile adattamento ? La pressione evolutiva è più forte nei tempi di magra che nei tempi di abbondanza. Il fatto che l’anatomia di P. bosei gli permettesse di masticare radici tutto il giorno non significa che lo facesse necessariamente: ma in momenti di magra, in cui non c’erano cibi morbidi, poter mangiare radici era la differenza tra la vita (e spargere geni) e la morte. Peccato che l’analisi degli isotopi dica che il 75% della sua dieta fosse composta da C4.
In generale è pensiero comune nella paleoantropologia che i cambiamenti di dieta e di ambiente abbiano una rilevanza primaria nel plasmare l’evoluzione. Immaginiamo, per esempio, di distruggere una foresta che è contemporaneamente l’habitat di scimpanzé e babbuini (ne serve ben poca di immaginazione, purtroppo). Gli scimpanzé consumano principalmente frutta morbida; i babbuini sono più adattabili, e anche radendo al suolo la foresta, possono sopravvivere, mangiando ad esempio erbe C4. Gli scimpanzé saranno più colpiti da questo cambiamento, la pressione selettiva sarà maggiore, e magari saranno confinati alle poche isole di foresta rimanenti mentre i babbuini potrebbero benissimo rimanere più o meno gli stessi.
In prospettiva, diciamo che Paranthropus boisei mangiava quasi esclusivamente erbe C4, un comportamento che non si ritrova in nessuna delle grandi scimmie moderne. P. bosei era l’uomo-mucca del pleistocene, ed è difficile inquadrarlo in una visione d’insieme con Australopithecus sediba e afarensis; Paranthropus robustus, che in teoria dovrebbe essere una specie sorella nello stesso genere, aveva apparentemente una dieta completamente diversa guardando i suoi isotopi stabili di carbonio. Se volessimo applicare il ragionamento dei babbuini e degli scimpanzé a questi quattro hominini, Paranthropus bosei manderebbe tutto a monte. I primi hominini seguono un trend progressivo verso un’espansione dei molari, una riduzione dei canini e un’ espansione della muscolatura della mandibola, tutti caratteri che raggiungono il massimo della loro espressione in questa australopitecina robusta che apparentemente può spaccare le noci a morsi, ma di fatto aveva una dieta completamente diversa sia dai suoi contemporanei che dalle scimmie moderne. Se riuscissimo a capire come si è evoluta una strategia simile, riusciremmo forse a comprendere l’ecologia in cui vivevano i nostri antenati, i primi homo che cominciavano ad apparire contemporaneamente a P. bosei.
P. bosei è un outlier, un qualcosa di totalmente unico e forse un po’ fuori posto nell’evoluzione umana, qualcosa a cui non riusciamo a trovare un posto chiaro nel nostro passato, ma che se solo riuscissimo ad ascoltare e interpretare appieno, potrebbe darci una nuova comprensione della storia della nostra specie.
Un po’ come un nerd ad un matrimonio.
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