Se volessimo badare al consenso attuale della comunità scientifica internazionale, sebbene quasi tutti gli organismi viventi abbiano qualche tipo di risposta fisiologica contro le invasioni tramite un sistema immunitario, dovremmo credere che solo i vertebrati hanno la cosiddetta risposta immunitaria adattativa.
Un organismo di qualsiasi dimensione e complessità è esposto in ogni momento di ogni giorno a decine di migliaia di molecole estranee. Solo nel vostro ombelico ci sono qualcosa come 2200 specie diverse di batteri, ognuno con le sue abitudini e le sue secrezioni. Il sistema immunitario deve capire quali molecole sono da fermare, e quali non lo sono.
Il sistema immunitario innato è il primo che entra in azione. Non è specifico, però. La risposta è sempre la stessa, e quello che viene riconosciuto è il genere di invasore o molecola estranea. Esempio illuminante: le ostriche.
La perla è il prodotto di un verme morto. Trematodi e nematodi perforano la carne molliccia del mollusco, mirando a manipolarlo per essere mangiati da altri ospiti, come uccelli marini. Ma, l’ostrica ha il suo sistema immunitario innato, che attacca il verme soffocandolo in strati su strati di madreperla, la stessa sostanza a base di calcio che tappezza la sua conchiglia. Il verme muore, e può essere appeso a colli e orecchini nella sua prigione eterna.
Le perle più ricercate hanno vermi piccini e tanta madreperla. Ma l’ostrica reagisce anche se viene attaccata da copepodi o piccoli pesci esattamente nello stesso modo, e può ugualmente produrre perle (più bruttine tendenzialmente). Morale della storia ? Il sistema innato crea una perla, cioè ha una risposta immune, che è uguale indipendentemente da chi sta attaccando.
L’immunità adattativa o specifica sembra essersi evoluta negli gnatostomi, cioè i primi pesci con le mascelle, qualcosa come 410 milioni di anni fa. Questa risposta è più lenta, ma per un motivo: è creata su misura per sconfiggere lo specifico invasore. La risposta è specifica perché il riconoscimento è specifico: il vostro sistema immunitario reagisce in maniera diversa nei confronti di roba pericolosa che ha già incontrato prima; ed è perché abbiamo il lusso di un’immunità adattativa che i vaccini, ad esempio, possono funzionare.
Nonostante il nostro eccessivo vertebrocentrismo, e il consenso della maggioranza della comunità scientifica internazionale, questo dono speciale non è poi così speciale. Gli invertebrati hanno quasi certamente una qualche forma di risposta adattativa, e lentamente si stanno accumulando prove per dimostrarlo. Si è solo evoluta indipendentemente da quella dei vertebrati, e quindi è analoga come funzione, ma non come meccanismi.
Ma certamente le piante e gli altri organismi sessili non possono avere un sistema immunitario adattativo. Non hanno cellule che pattugliano il loro organismo alla ricerca di invasori! Non possono neppure muoversi! Non possono avere immunità specifica…
A meno che qualcuno non si muova e faccia il lavoro sporco per loro.
Bisogna sempre ricordare che, indipendentemente da quanto tu ti possa ritenere intelligente o perspicace, l’evoluzione, un processo totalmente cieco e senza guida che procede tastando nel buio, ha più fantasia di te. E tanto più grandi sono le limitazioni, tanto più audaci e degne di ammirazione sono le soluzioni.
Le piante hanno una risposta immunitaria innata. Quando qualche invasore entra al loro interno, cominciano a bombardarlo con ROS (reactive oxygen species), ossigeno e altri composti radicali, che sostanzialmente distruggono qualsiasi cosa. Anche le cellule immunitarie della risposta innata umana usano le ROS per massacrare chi oltrepassa i confini. C’è una differenza però: nelle piante, questa forma di attacco causa anche la morte della cellula della pianta che è stata invasa. Facendo un altro paragone vertebrocentrico, le piante rispondono come una cellula di mammifero attaccata da un virus: suicidio cellulare programmato, altrimenti detto apoptosi, per impedire che l’invasione si diffonda. E’ logica: le esigenze dei molti contano di più delle esigenze dei pochi, o di uno.
Ma se muoiono gli altri al posto tuo è meglio.
Il cavolo e altri membri della sua famiglia (le Brassicaceae) sono spesso invase e mangiate da i bruchi della farfalla dei cavoli (Pieris brassicae). Contro questo genere di invasore, il suicidio serve a ben poco. L’unica soluzione è chiamare i Mercenari.
La femmina della farfalla parassita deposita le uova sul cavolo. Questo, da solo, non è sufficiente a scatenare l’ira funesta della pianta. Quando però il maschio della farfalla arriva a spargere il suo seme sulle uova, il vaso trabocca: la pianta a quel punto comincia a reagire secernendo feromoni che attirano una vespa parassitoide, Trichogramma brassicae.
La vespa sente l’irresistible richiamo. Arriva, e deposita le sue uova all’interno delle uova della farfalla, che ricordiamo, sono fecondate. Questo è il suo pagamento. Le sue larve cresceranno all’interno delle uova della farfalla, cibandosi dell’embrione in formazione. Per ogni singolo uovo possono uscire fino a 50 nuovi guerrieri.
Questo tipo di risposta non avviene se a depositare le uova non è la farfalla dei cavoli, ma la falena dei cavoli (Mamestra brassicae) un parassita meno comune e meno ingordo.
Per carità, non fate incazzare i cavoli.
E’ una risposta specifica ad un insulto specifico che segue una via molecolare distinta da quella dell’immunità innata. Mi spiace per gli immunologi ortodossi, ma questa è una risposta immunitaria adattativa.
Chi ha problematiche simili alle piante pur non essendo minimamente una pianta ?
I coralli.
Ed ecco che anche i coralli hanno i loro bodyguards personali.
Diciamo che siete un corallo, ad esempio Acropora nasuta. Siete lì, belli tranquilli, quando dei ricercatori della Georgia Tech vengono a seminarvi addosso spore di Chlorodesmis fastigiata, un alga infestante in grado di soffocarvi e uccidervi in pochissimo tempo. Che fate ? Chiamate il vostro cuggino grande e grosso che conosce un colpo segreto che se te lo dà dopo 3 giorni muori.
In pochi minuti, il ghiozzo arriva sulla scena, e comincia a potare l’alga, riducendone la quantità del 30% in 3 giorni, e i danni al corallo del 70-80%.
Quello che è veramente interessante però è che solo una specie di gobide (Gobiodon histrio) si abbuffa di quest’alga tossica, mentre altre semplicemente potano, cibandosene sporadicamente. Gobiodon histrio ha una ragione per rispondere più celermente alla chiamata all’azione: mangiando l’alga tossica accumula composti che lo rendono meno attraente per i predatori, in un esempio di mutualismo specifico contro uno specifico predatore. Per quanto non sia assolutamente certo che sia il corallo a mandare l’allarme, ci sono prove circostanziali . Non basta acqua contaminata dall’alga per convincere il ghiozzo ad intervenire: deve essere entrata in contatto con il corallo perché il richiamo funzioni.
Parlando di piante che subappaltano il loro sistema digerente, ho scritto che digerire insetti utilizzando insetti era una delle idee migliori che una pianta carnivora potesse avere.
Si può trarre una morale da questi esempi, quasi fossero una favola di Esiodo: in natura ” il nemico del mio nemico è mio amico” non è soltanto un’abusatissimo cliché .
Fatouros, N., Lucas-Barbosa, D., Weldegergis, B., Pashalidou, F., van Loon, J., Dicke, M., Harvey, J., Gols, R., & Huigens, M. (2012). Plant Volatiles Induced by Herbivore Egg Deposition Affect Insects of Different Trophic Levels PLoS ONE, 7 (8) DOI: 10.1371/journal.pone.0043607
Dixson, D., & Hay, M. (2012). Corals Chemically Cue Mutualistic Fishes to Remove Competing Seaweeds Science, 338 (6108), 804-807 DOI: 10.1126/science.1225748
Ho appena scoperto questo blog.(che trovo magnifico e interessante e con la rara dote di divulgare informazioni scientifiche senza usare un lessico ricercato ma con estrema semplicità. Il che è una cosa positiva.) e ho appena scoperto di non essere l’unica persona di questo mondo ad avere una passione per i bradipi. Jackpot.