Visto che un branco di facinorosi ha ben pensato di andare a far danni al Dipartimento di Farmacologia dell’Università di Milano, siccome sono dell’idea che per combattere l’ignoranza non c’è niente di meglio della cultura, andiamo a vedere e spiegare qualcuna delle pubblicazioni che sono uscite da questo ” lager vivisezionista “.
Tra le centinaia e centinaia di pubblicazioni che trovate sul sito del dipartimento: http://www.farmacologia.unimi.it/pubblicazioni.php?ln=it ne ho prese giusto un paio, per praticità e rapidità; conto nel caso di farlo anche per qualche altro articolo.
Partiamo da:
Mutant PrP suppresses glutamatergic neurotransmission in cerebellar granule neurons by Impairing Membrane Delivery of VGCC α2δ-1 Subunit; Neuron.; 74/2; 2012; 300-313.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3339322/
Probabilmente avete sentito parlare delle malattie da prione, tipo la mucca pazza. Un prione è una proteina mutante piegata in una forma erronea, che trasforma altre proteine intorno a lei in altri mutanti. In un vecchio articolo avevo paragonato i prioni agli zombi: come gli zombi, sono quasi indistruttibili, e un “morso” di prione zombifica.
Oltre alla mucca pazza, circa un 15% delle malattie prioniche sono ereditarie e invariabilmente letali, dovute a mutazioni nel gene PrP. I prioni si accumulano all’interno dei neuroni e si depositano, fino a far suicidare la cellula; ma i sintomi e i problemi neurologici cominciano molto prima che i neuroni comincino a morire. Ancora prima infatti i prioni interferiscono con il funzionamento delle sinapsi, i collegamenti fra i neuroni, e quindi qualsiasi terapia deve innanzitutto impedire i danni sinaptici.
Il problema principale era che, mentre è abbastanza chiaro come l’accumulo di PrP faccia suicidare i neuroni, non si aveva una chiara idea di come i prioni interferissero con le sinapsi. E se neppure sai in quale quartiere sta il bersaglio, è difficile fare centro.
I ricercatori hanno quindi preso un ceppo di ratti, il ceppo TG. Come l’evoluzione prevede, i ratti hanno più del 90% dei geni in comune con l’uomo, incluso il gene Prp; e i ratti del ceppo TG hanno una mutazione in questo gene, esattamente come gli sfortunati esseri umani che ereditano le malattie prioniche. Inizialmente, come negli esseri umani, i topi non presentano sintomi evidenti, ma invecchiando la neurodegenerazione si fa sempre più forte, portando all’atassia (la perdità della coordinazione muscolare) e ad una terribile atrofia cerebrale. Lo stesso è tristemente vero nell’uomo.
Osservando il procedere della malattia, gli autori hanno notato che alcuni deficit del movimento insorgono prima di danni visibili a cervello o cervelletto. Per verificare che stava succedendo all’interno del cervello, i ricercatori hanno fatto risonanze magnetiche progressive ad animali di diversa età confrontandoli con ratti controllo della stessa età perfettamente sani, rilevando un tipo di anomalia che è normalmente dovuto alla disfunzione di un particolare neurotrasmettitore, la glutammina.
La loro ipotesi era che la PrP interferisse con VGCC, una proteina canale necessaria per il funzionamento glutaminergico della sinapsi, e la trattenesse all’interno del reticolo endoplasmatico, la parte della cellula in cui vengono costruite le proteine che devono essere poi esposte sulla superficie.
Oltre a tutta un’altra serie di esperimenti (non è che ti pubblicano proprio con leggerezza su Neuron) per dimostrare questa interazione i ricercatori hanno verificato la co-locazione di queste due proteine con un esperimento di immunofluorescenza, quello nell’immagine qui sopra: degli anticorpi marcati con un colore fluorescenti sono stati fatti legare alla PrP mutante e alla sub-unità del canale VGCC coi cui pensavano che interagisse. Come si vede dall’immagine, sia la PrP sia VGCC si accumulano assieme negli organelli di trasporto. (Tra l’altro, per la gioia degli antivivisezionisti, questo particolare immunostain è stato fatto in vitro su cellule umane. Altre procedure, come capire specificamente in quali neuroni avveniva questa interazione, hanno richiesto l’autopsia dei rattini. Autopsie anche sui giovani che non erano ancora morti naturalmente ma che sono stati uccisi appositamente; sentitevi pure liberi di urlare “assassini” se ne avete questo bisogno atavico).
La conclusione è molto incoraggiante per chi è affetto da queste malattie, e la cito direttamente:
Clearly, further studies are required to establish the physiological significance of the PrP-α2δ-1 interaction. It will be critical to identify the protein domain(s) involved in the interaction, and any other interacting partners. In light of the dysfunctional consequences of the mutant PrP association with α2δ-1, disrupting their binding might represent a means for therapeutic intervention.
Per la mia mamma (non-anglofona), dice, in due parole, che impedire il legame tra PrP e VGCC può essere un bersaglio terapeutico. Non proprio una cosa da nulla.
Questo secondo articolo non è open access, ma siccome i precedentemente citati animalisti sono barricati al quarto piano e so per certo che i topini di questo esperimento sono lì (si vedono anche nel video, sono facilmente riconoscibili in quanto scuri al contrario dei classici topini bianchi), mi sembra rilevante parlare di questo studio:
Pharmacologic rescue of impaired cognitive flexibility, social deficits, increased aggression, and seizure susceptibility in oxytocin receptor null mice: a neurobehavioral model of autism.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21306704
L’autismo è una sindrome ben complicata, anche perché, sebbene ci siano forti indicazioni che l ’ autismo costituisca un disordine dello sviluppo cerebrale su base biologica, non è che sappiamo esattamente i fattori eziologici. Possiamo fare osservazioni sui sintomi e vedere come bimbi autistici abbiano un volume ridotto dell’ippocampo, dell’amigdala, hanno spesso problemi di risposta autoimmune (Singh et al, 1993), e livelli alterati di due neurotrasmettitori, serotonina e dopamina.
La serotonina ha un sacco di funzioni collegate alla temperatura corporea, al dolore, alla percezione sensoriale, al sonno, al comportamento sessuale, alla funzione motoria, al sistema neuroendocrino, alla memoria, l’apprendimento; almeno un terzo dei pazienti autistici ha un eccesso di serotonina.
Un idea per cercare di raccapezzarcisi è allora andare a vedere i geni coinvolti nell’autismo che interessano la neurotrasmissione, in particolare i trasportatori della serotonina, dell’ossitocina e della vasopressina, altri due neuro-ormoni comportamentali. Perciò si cercano (o, per meglio dire, si creano) topi mutanti che abbiano comportamenti riconducibili in qualche modo all’autismo; che possano simulare sintomi affini dovuti a cause neurologiche affini. Si osservano questi topini transgenici e si misura come interagiscono con i loro simili, l’aggressività, come reagiscono in presenza di sconosciuti, come e quanto giocano quando sono piccoli rispetto a topi normali; se sono in grado di imparare a costruirsi un nido e come rispondono alle vocalizzazioni e i feromoni materni; si controlla se la loro memoria funziona normalmente e se sviluppono comportamenti ritualistici o ossessivi.
In questo modo si può andare a fare sia ricerca di base su questi topi (capire che cosa cambia cambiare i geni che danno comportamento autistico) e cercare di ridurre questi sintomi, trovare trattamenti farmacologici.
Sembra che, nell’uomo, ci siano indicazioni che trattamenti a base di ossitocina, un neuro-ormone, riducano la gravità dei sintomi autistici. E, in maniera confortante per il funzionamento del metodo, i topini transgenici che vengono insensibilizzati all’ossitocina mostrano sintomi autistici, e sembrano essere un modello migliore degli altri sviluppati finora, perché, oltre agli altri sintomi, mostrano frequentemente casi di convulsioni, un altro sintomo clinicamente associato all’autismo nell’uomo. Similarmente, i trattamenti farmacologici che funzionano nell’uomo per ridurre la gravità ei sintomi funzionano in questi topini, il che significa che il meccanismo molecolare che li causa è probabilmente lo stesso.
Nell’articolo in sostanza si dimostra come questo nuovo ceppo di topini è un buon modello animale, e riproduce in maniera realistica e credibile l’autismo. Questo è chiaramente un risultato molto importante, perché, come dicono le conclusioni dell’articolo:
The Oxtr(-/-) mouse is thus instrumental to investigate the neurochemical and synaptic abnormalities underlying autistic-like disturbances and to test new strategies of pharmacologic intervention.
O, in Italiano, di grande importanza ” per investigare le abnormalità sinaptiche e neurochimiche che sono causa di disturbi simil-autistici e per testare nuove strategie di intervento farmacologico ”
Ovviamente queste sono solo due gocce in un oceano di di pubblicazioni, tanto per dare una vaghissima idea di quello che si fa, dentro quel dipartimento. Sarebbe stato forse più giusto parlarne senza questo pretesto dietro, ma tant’è. Di tutta l’informazione e la caciara che si farà per questa questione, è pressoché ovvio che di scienza se ne parlerà ben poco, e di fatti ancor meno.
Senatore A, Colleoni S, Verderio C, Restelli E, Morini R, Condliffe SB, Bertani I, Mantovani S, Canovi M, Micotti E, Forloni G, Dolphin AC, Matteoli M, Gobbi M, & Chiesa R (2012). Mutant PrP suppresses glutamatergic neurotransmission in cerebellar granule neurons by impairing membrane delivery of VGCC α(2)δ-1 Subunit. Neuron, 74 (2), 300-13 PMID: 22542184
Sala, M., Braida, D., Lentini, D., Busnelli, M., Bulgheroni, E., Capurro, V., Finardi, A., Donzelli, A., Pattini, L., Rubino, T., Parolaro, D., Nishimori, K., Parenti, M., & Chini, B. (2011). Pharmacologic Rescue of Impaired Cognitive Flexibility, Social Deficits, Increased Aggression, and Seizure Susceptibility in Oxytocin Receptor Null Mice: A Neurobehavioral Model of Autism Biological Psychiatry, 69 (9), 875-882 DOI: 10.1016/j.biopsych.2010.12.022
VIA NEL CESSO LE VOSTRE TORTURE INUTILI!
NON MOLLEREMO MAI, MAI
Sono d’accordo sull’estinzione umana, mostrateci come si fa.
Quindi i prioni li inoculiamo a chi per capire come agiscono? Usiamo bambini come cavie come fanno con il caso stamina?
Hai letto qualche riga dell’articolo prima di scrivere frasi sgrammaticate completamente in maiuscolo?
Ti ringrazio, per questo articolo da poter far leggere a chi irragionevolmente attacca qualsivoglia metodo di sperimentazione animale. Studiando ingegneria sarebbe stato ben complicato, ma ci hai pensato tu!
grazie per le ottime informazioni, ma mi viene una domanda spontanea: con modelli matematici e simulazioni al computer e tessuti umani non si otterrebbero gli stessi condizionali che hai usato nell’articolo? La certezza che giustificherebbe tutti questi sacrifici dov’è?
Gianluca, hai letto bene l’articolo ? Prendi il primo dei due esempi.
Non sai che cosa fanno i prioni nelle sinapsi, quindi non sai dove andare a colpire. A maggior ragione, le simulazioni al computer, che funzionano secondo il principio “garbage in-garbage out” non funzionerebbero, perché non è una deduzione che emerge organicamente da altri parametri che hai nella simulazione, è una situazione totalmente emergente. Tessuti umani sono stati usati nel primo caso, li cito pure; ma come fai a vedere le differenti fasi di degenerazione di un cervello, e capire come ne risente il cervello nel suo insieme, senza usare un cervello nel suo insieme ?
A maggior ragione, il secondo articolo, che cerca un modello murino dell’autismo. Stai cercando i geni che cercano di mimare una sindrome comportamentale. Come fai a studiare una cosa del genere su un mucchietto di cellule scorporate, o con una simulazione al computer ? Se nel primo caso questi altri metodi sono complementari, e sono stati usati come tali, qui è ancora più difficile. Stai cercando gli effetti di un gene su un sistema completo e complesso, sul neurosviluppo e sul comportamento. Per fare una simulazione al computer di una cosa del genere dovresti già sapere quantomeno l’effetto di ciascun gene sullo sviluppo del cervello, e siamo ben lontani da una conoscenza così omnicomprensiva, purtroppo.
Non c’è certezza che giustifichi alcunché perché purtroppo la scienza non procede per certezza. Quando navighi in un territorio mai esplorato prima, a volte capita di dover fare marcia indietro, ed è sempre una cosa molto tragica.
Ma mettiamola così, in una becera argomentazione utilitaristica alla Peter Singer. Il numero complessivo di vertebrati, dagli zebrafish ai ratti, usati per ogni genere di sperimentazione animale, è circa 100 milioni l’anno, al mondo. Approssimativamente, 1 persona su 200 al mondo è autistica, per 35 milioni di persone. Se anche facciamo finta che il 100% della ricerca sia per l’autismo (e non lo è neanche minimamente, e in quei 100 milioni sicuramente c’è qualcosa che aiuta te o i tuoi cari), significa che meno di tre animali l’anno muoiono per dare speranza (non certezza, purtroppo) a ciascuna chi soffre d’autismo.
Ora, tu magari sei vegano, e non pensi neppure vagamente di uccidere direttamente un animale per il tuo vantaggio. Me lo auguro. Ma per li semplice fatto che esisti, e consumi, per sottrazione di habitat, per emissioni di carbonio, per mille motivi, sono più che sicuro che tu, indirettamente, uccida molto più di 3 animali l’anno.
A questo punto, puoi tifare per l’estinzione umana come il pazzo che ha postato qui sopra; se sei particolarmente incattivito coi tuoi simili, puoi anche cercare di sabotare i laboratori che cercano di farli stare un po’ meglio.
Oppure puoi accettare che, per quanto ammazzare altri animali non sia particolarmente bello, e per quanto tu possa essere convinto (a torto) che sia fondamentalmente inutile, è veramente un nientesimo di nulla nell’economia della natura, dove esistono specie R che fanno migliaia di cuccioli per farne sopravvivere un paio, o dove la distruzione dell’ambiente causata dall’uomo fa centinaia di volte le vittime della sperimentazione animale.
Ma a me non piace guardare le cose in termini di giustificazione.
Sono i tuoi purtroppo che mi lasciano perplesso. Non avrei niente in contrario alla sperimentazione se i risultati fossero certi e infallibili. Dato che non lo sono e non ci sono certezze, mi domando solo come mai non si impegni l’intelligenza nello sviluppo di metodologie alternative volte a non doversi appendere a questo tipo di sperimentazione fallibile.
Io si sono vegano e faccio del mio meglio per non recare danni a nessun essere vivente, consapevolmente. Nemmeno io sono infallibile, ma mi impegno per quanto posso, usando una coscienza etica che dovrebbe essere, secondo me, la base di ogni civiltà che voglia definirsi tale.
Gianluca, non ho capito a cosa ti riferisci con ” i tuoi” nella tua prima frase. I miei esempi ?
La biologia è troppo complicata e complessa per pretendere risultati infallibili. I risultati sono certi il più possibile, lasciando sempre il dubbio e la possibilità di una revisione migliore che fa della scienza un processo che pur non essendo perfetto, tende a rappresentare sempre meglio la realtà. Neppure i fisici che lavorano con particelle e roba “semplice”, composta da pochi pezzi, possono darti infallibilità; figurati quanto può essere complicato lavorare con organismi completi e complessi. Si fa il meglio possibile, perché il meglio possibile è quello che la gente si merita, in base allo stesso principio morale per cui tu, pur non essendo infallibile, tenti di minimizzare il tuo impatto diretto nell’uccisione degli animali. Forse non è abbastanza, forse non è nulla in confronto a tutto il male indiretto, ma è giusto fare del proprio meglio.
Se avessimo preteso risultati ” certi e infallibili “, non avremmo neppure la penicillina (che per due anni fu presa quasi come una curiosità perché pessima da purificare e produrre) o l’insulina (che, prima delle biotecnologie e dei microorganismi ogm, si estraeva dal pancreas dei maiali, con relativo rischio di shock anafilattico), con le centinaia di migliaia di vite perse e rovinate di conseguenza.
Poter essere perfezionisti, in certi casi, è un lusso.
E son ben d’accordo che bisogna investire nello studio e nell’invenzione delle metodologie alternative.
Come ad esempio fanno al dipartimento di farmacologia di Milano. Guarda nella lista delle ultime pubblicazioni, vedrai un’articolo pubblicato su “Toxicology In Vitro “. Non è certo pretendendo la perfezione e bandendo (o sabotando) ogni tipo di ricerca che si sviluppano metodi alternativi. Già nel primo esempio del post ho mostrato dove, quando già esistono e nei limiti del possibile, si usano. Nella lista delle pubblicazioni puoi vedere come nel dipartimento si inventano i famosi metodi complementari che i più disonesti agitano per aria come bandiera di vittoria senza comprenderli minimamente.
Non ti piace l’utilitarismo, per cui il piccolo costo in sofferenza della sperimentazione animale (relativo a quella naturale, s’intende) vale la candela se genera una maggiore utilità. Neanche a me convince, per la verità.Sei evidentemente per la deontologia, ove la regola è ” non fare del male agli animali “. E tu stesso ammetti che per quanto tu ed io non siamo perfetti, vale la pena provare. E sono assolutamente d’accordo. Ma provare con la sperimentazione fare bene all’animale uomo non è sufficiente, mentre il tuo provare a non interferire con gli animali non umani ti fa sentire, e non credo tu debba vergognarti ad ammetterlo visto questi due tuoi interventi, eticamente superiore a chi è a favore della sperimentazione.
E’ un ragionamento quantomeno peculiare, che darebbe ragione allo squinternato qua sopra che tifa per il suo suicidio e la sua estinzione: solo cancellando la nostra esistenza si raggiungerebbe il livello di ” certezza e infallibilità ” nel non far male agli animali che tu pretendi dai risultati della scienza. E’ una cosa nonsense.
Ora, puoi dirmi che sto discorso è la storia della pagliuzza e della trave, che mi sto arrampicando sugli specchi, che passo all’offensiva. Puoi anche pensarlo.
Ma ai bimbi autistici, o ai malati col cervello infestato prioni, o agli zebrafish che se la scampano perché viene inventato un metodo in vitro, della perfezione e dell’infallibilità che non potranno mai avere, non frega un accidente.
Vorrei dire qualche parola sui “modelli matematici e simulazioni”. Studiando ormai da diversi anni solo ed esclusivamente queste cose credo di potermi pronunciare in tal senso e, credo (chiaramente senza offesa) che non sia il tuo campo di competenza, altrimenti non avresti fatto una domanda del genere sapendo la complessità della materia.
Creare un modello matematico di qualcosa di inanimato e composto anche solo da pochi semplici pezzettini (ad esempio un braccio robot) è qualcosa di enormemente complesso, inerzie, accellerazioni, forze centrifughe e chi più ne ha ne metta. E chiaramente si tratta di cose relativamente semplici come pezzi di metallo.
Immaginare anche solo di poter ricreare una singola cellula su un simulatore è come tentare di simulare milioni e milioni di bracci robotici contemporaneamente.
Scusate la deformazione professionale che mi fa deviare dal discorso, l’intento era solo di far capire anche lontanamente la complessità (e l’impossibilità attualmente) di una cosa del genere. Vorrei ricordare inoltre che per ricreare al simulatore qualcosa occorre conoscere alla perfezione l’oggetto in esame, nel nostro caso cosa neuroni?? Ma per quanto ne so io le conoscenze su tali cellule non sono affatto complete… di nessuna cellula c’è conoscenza completa…
Spero di essermi fatto comprendere!
io mi occupo di modelli matematici di sistemi biologici. Conosco la letteratura più all’avanguardia nel settore e vi dico che tutto quello che per ora si è riusciti a simulare è il comportameno di una rete di al massimo una decina di geni. I geni umani sono 23000. Tra l’altro i modelli prodotti si applicano solo a sistemi in vitro controllati. Si stanno muovendo ora i primi passi in questo settore, per raggiungere il traguardo della cellula sintetica ci vorranno anni, simulare un organismo? Ad essere ottimisti, mezzo secolo. Abbiate pazienza, ci stiamo lavorando, ma la strada è lunga e per ora non si può proprio fare a meno degli animali. Coi modelli matematici non siamo più vicini al modello sperimentale virtuale di quanto non fosse l’aeroplano dei fratelli Wright a raggiungere Marte: passi fondamentali, ma la strada è lunga.
Ottimo post, ne avevo fatto uno simile ma ricollegandomi alle pretese di Stamina.