Prosopopea

Allora, partiamo dal fatto che in Italia è illegale raccogliere e portarsi a casa qualsiasi cosa rientri nella definizione di Bene Culturale, sia esso un osso di dinosauro o un vaso da notte etrusco.
La scoperta dell’avere qualcosa in casa può portare a multe anche salate, SALVO i casi in cui il proprietario sia in grado di dimostrare che la raccolta o l’ottenimento dei suddetti siano precedenti al 1939 (anno dell’entrata in vigore della relativa legge).
Ora, l’Italia è piena di fossili. Basta che ti fai un giro nelle parti sedimentarie delle Alpi e degli Appennini o entri in una grotta a caso e puoi inciampare su resti che vanno dal Paleozoico all’Olocene. Questo implica che, in passato e ancora adesso, un sacco di gente abbia trovato e raccolto cose. In vari casi, lo scopritore segnala la località a una qualche istituzione e da lì parte lo studio vero e proprio (è il caso della Cava Monticino, scoperta da un amatore in Romagna e poi ampiamente studiata, che ha anche portato alla creazione di un piccolo museo nella vicina città di Faenza), ma il più delle volte il fossile trovato viene intascato e portato a casa, anche senza malizia da parte del raccoglitore.
A quel punto, la collezione privata diventa, fondamentalmente, inutilizzabile, perchè la sua stessa esistenza è un reato: essendo la legge molto restrittiva, quando si capisce che qualcuno ha a casa qualcosa di interessante, diventa difficile ottenerlo in studio senza mettere il proprietario in una posizione complicata. Pertanto, molto spesso i proprietari di collezioni private le tengono semplicemente “nascoste”, occultando alla scienza quei resti.
Libero collezionismo in libero stato, quindi? Col cavolo: è verissimo che la raccolta casuale di un fossile implichi la perdita di moltissimi dati necessari per uno studio completo (senza tuttavia nullificarne il valore scientifico) e che l’archiviazione di un privato sia difficilmente paragonabile a quella fatta da un ente preposto (sia dal punto di vista dell’accessibilità sia da quello della quantità di informazioni raccolte).
D’altra parte, non può essere negato il fondamentale aiuto che i paleontofili danno alla causa della Paleontologia (in Italia, ma non solo) e quindi criminalizzare completamente tale figura è un errore. Anche perchè ci sono molti più paleontofili che paleontologi e alcuni di loro sono ricercatori “non ufficiali” di ottimo livello.
Il dibattito sulla figura del paleontofilo, sull’adeguatezza della legge e su tutto ciò che ne deriva è molto attivo nella comunità paleontologica italiana, ma finora non si è ancora raggiunta una soluzione ottimale. Tuttavia, pare abbastanza chiaro che, da un punto di vista top-down, non ci siano grandi volontà di risolvere la cosa: attualmente, nelle soprintendenze (ovvero gli organi statali deputati al controllo e alla gestione del patrimonio culturale) ci sono pochissimi paleontologi e la paleontologia non figura minimamente nel pool di competenze necessarie presenti nell’ultimo bando ministeriale relativo.