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Di Duffy, evoluzione umana e malaria

La malaria è probabilmente il più acerrimo nemico che l’umanità abbia mai incontrato. Circa mezzo milione di persone al mondo, soprattutto bambini, muoiono ogni anno per la malaria, e grossomodo 250 milioni di casi.
Che è un netto miglioramento anche solo rispetto a 10 anni fa, quando il numero complessivo di infetti era quasi 1 miliardo.

Tenendo conto di ciò, specialmente per quanto riguarda la mortalità infantile, non è particolarmente soprendente l’idea che il genoma umano sia stato in qualche modo scolpito dall’evoluzione in risposta alla presenza di malaria.

L’esempio classico sono alcune malattie genetiche, anche gravi, che si sono diffuse comunque nella popolazione per via dei loro effetti secondari.
Anemia falciforme? Protegge dalla malaria.
Alfa-talassemia? Protegge dalla malaria.
Mutazioni della glucosio-6-fosfato deidrogenasi? Proteggono dalla malaria.

E questi sono gli esempi più lampanti, perché sono associati a malattie, ma tantissima nella variabilità genetica di tutto quello che riguarda l’emoglobina e le cellule del sangue è collegata per dritto o per rovescio alla malaria.

Tra queste c’è la glicoproteina FY, altrimenti nota come l’antigene Duffy (il nome del paziente in cui è stato isolata per la prima volta. Come per gli antigeni A B 0 del vostro gruppo sanguigno, la glicoproteina FY è una roba che sporge dalla membrane dei globuli rossi. E proprio come i gruppi sanguigni più familiare, di FY ci sono tre versioni: FY*A, presente principalmente in Asia e in Europa, FY*B, presente anche in alcune popolazioni del sud dell’Africa, e FY*0, che semplicemente significa che il globulo rosso sto recettore che sporge non ce l’ha, ed è la versione che hanno il 99% delle popolazioni africane, come da immaginetta.

Grafico che mostra la distribuzione degli alleli Duffy nel mondo, e uno striscio al microscopio con P.vivax

Il grafico della distribuzione dei vari alleli e Plasmodium vivax dentro dei globuli rossi in uno striscio al microscopio. Il primo dal paper, il secondo public domain dal CDC. Clicca per aprire e ingigantosire


Il tipo più comune di malaria è quello causato da Plasmodium vivax, una creaturina unicellulare. Ci sono almeno 5 altri Plasmodium che causano malaria, tra cui il più pericoloso è probabilmente falciparum, e il meno grave nonostante il nome è Plasmodium malarie. Ad ogni modo: il passaggio chiave nella vita di sto parassita è infilarsi nei globuli rossi umani dove si moltiplica vertiginosamente in maniera asessuata finché il globulo rosso non esplode, causando le famose altissime febbri periodiche associate con la malaria (le terzane e quartane, cioè ogni 3 o 4 giorni quando un’infornata di plasmodi fa esplodere i rispettivi).

Il plasmodium ha un po’ di modi per entrare nel globulo rosso, ma fa più fatica ad entrare se non c’è la proteina Duffy che sporge. A volte dà resistenza completa, a volte riduce severamente la gravità dei sintomi. Il che significa che è più probabile che chi abbia questa variante sopravviva. Il che significa che dovrebbe essere favorita dalla selezione naturale.

Quanto favorita? Beh, grazie ad un nuovo studio di genetica di popolazione, sappiamo che l’antenato comune di tutti quelli che hanno la mutazione FY*0 viveva circa 45 mila anni fa. Come tutte le mutazioni, all’inizio era soltanto una mutazione genetica rara e casuale, presente in solo una manciata di individui. Ma, ad un certo punto, gli individui con sta mutazione hanno cominciato ad incontrare sempre più spesso Plasmodium vivax. Nel giro di appena 8000 anni, la mutazione si è diffusa a macchia d’olio, finché non è diventata la versione più comune in africa.

Di tutte quelle che conosciamo questa è la regione del genoma umano sotto più grande pressione selettiva nella nostra storia evolutiva. Avere la versione FY*0 invece che FY*B del gene è la mutazione del genoma umano che la selezione naturale ha favorito più fortemente e velocemente.

Ma non è comunque stato sufficiente per cantare vittoria contro questo acerrimo nemico. Oggi Plasmodium vivax, almeno se confrontato con falciparum, dà una forma relativamente poco grave di malaria, ma, come gli esseri umani, anche lui continua ad evolversi. E in vari luoghi del mondo, tra cui il Madagascar, il Sudan, e l’Etiopia, stanno cominciando ad apparire varianti P.vivax che sono in grado di colonizzare anche i globuli rossi senza Duffy. Il che significa che milioni di persone che ora sono geneticamente protette almeno da questa versione della malaria, potrebbero essere nel giro di pochi anni di nuovo a rischio.

Bisogna correre per rimanere nello stesso posto.

Paper di riferimento:
Population genetic analysis of the DARC locus (Duffy) reveals adaptation from standing variation associated with malaria resistance in humans, McManus et al
http://dx.doi.org/10.1371/journal.pgen.1006560(Open access)

Review consigliata per approfondire tutte ste menate dell’effetto della malaria sul genoma umano:
How Malaria Has Affected the Human Genome and What Human Genetics Can Teach Us about Malaria
http://dx.doi.org/10.1086/432519 (Open access)

Tutte le statistiche recenti più complete sulla malaria, incidenza, morbilità endemicità dall’OMS:
http://www.who.int/malaria/publications/world-malaria-report-2015/en/ (i dati del 2016 sono ancora parziali)

Perché dobbiamo la nostra esistenza ad un virus

C’è una domanda abbastanza standard nella “divulgazione scientifica” che viene spesso posta a quel genere di scienziati che va in TV a farsi intervistare.

E la risposta a questa domanda è altrettanto standard, almeno dai tempi di Carl Sagan in po: quando ti chiedono ” Qual’è il fatto più straordinario che la scienza ti ha insegnato ” la risposta è un poetico sviolinamento della nucleosintesi stellare. Neil DeGrasse Tyson, Michiu Kaku, Krauss, la Hack, perfino Dawkins (Dov’è l’orgoglio biologico!?!):  a tutti piace ricordare come gli atomi che compongono il nostro stesso corpo, il ferro nel nostro sangue, il calcio nelle nostre ossa, siano stati creati a partire da elementi più semplici in quelle enormi forge a fusione nucleare che sono le stelle, che poi, solo esplodendo hanno potuto spargere i loro prodotti, indispensabili per la vita, nell’universo.

“Dimenticati Gesù”, dice Lawrence Krauss ” Una stella è dovuta morire perché tu potessi vivere “, facendo  eco a modo suo al ” Siamo polvere di stelle ” di Carl Sagan che sicuramente piace a quelli di Stukhtra (un altro blog che dovreste leggere invece di questo)

E, probabilmente, per quanto possa rimproverare Dawkins, se mi aveste preso di sopresa prima della scrittura di questo articolo sarebbe stata anche la mia di risposta, perché la nucleosintesi stellare è una grandissima figata.

Ma, dal momento che io non vado in tv e quindi difficilmente la gente mi può prendere alla sprovvista, voglio proporre una alternativa biologica.

Se non fosse stato per un virus, nessuno di noi sarebbe mai nato.

Gli embrioni di un bradipo, pangolino e armadillo, da On the structure and development of the skull in the mammalia (1874) di William Kitchen Parker, via Openlibrary.org

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Parassiti, carcasse e altre cose che si mangiano.

I parassiti non piacciono quasi a nessuno.

Anche i vermi, in generale, non sono esattamente gli animali più sexy che si possano immaginare.

I vermi parassiti, di conseguenza, si portano dietro una certa quantità di pregiudizi, e lo fanno più o meno dall’inizio dei tempi. Nel Settecento, si pensava che i parassiti fossero il prodotto finale di svariate malattie, che uscivano da vari orifizi per generazione spontanea; conseguentemente, i parassiti facevano schifo. Nell’Ottocento, dopo Darwin, si radicò nella mentalità comune l’idea per cui l’evoluzione avesse una finalità teleologica (che Darwin non aveva mai sostenuto, tra l’altro),  e quindi ci fosse questa spinta interiore verso una perfezione sempre superiore. Ma i parassiti no, erano degenerati: spesso nel loro ciclo vitale perdevano segmenti e arti, e semplicemente si attaccavano al loro ospite, interessati soltanto a riparo e nutrimento. Nel Novecento, ci pensa Hitler a peggiorare la situazione: uno dei suoi appellativi preferiti da rivolgere agli ebrei era proprio, guarda caso,  parassiti. E come chiamavano Marx e Lenin i borghesi e i burocrati che opprimevano la società ? Già, parassiti. Il disprezzo e il pregiudizio nei confronti di queste creature è arrivato fino a Konrad Lorenz, il grande pioniere dell’etologia e del comportamento animale, che scriveva di ” evoluzione retrograda ” dei parassiti, forse per evitare il vocabolario di cui la retorica nazista, che lui conosceva molto bene, si era impadronita.

La verità, però, è che i parassiti sono una figata allucinante.

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