Parassiti, carcasse e altre cose che si mangiano.

I parassiti non piacciono quasi a nessuno.

Anche i vermi, in generale, non sono esattamente gli animali più sexy che si possano immaginare.

I vermi parassiti, di conseguenza, si portano dietro una certa quantità di pregiudizi, e lo fanno più o meno dall’inizio dei tempi. Nel Settecento, si pensava che i parassiti fossero il prodotto finale di svariate malattie, che uscivano da vari orifizi per generazione spontanea; conseguentemente, i parassiti facevano schifo. Nell’Ottocento, dopo Darwin, si radicò nella mentalità comune l’idea per cui l’evoluzione avesse una finalità teleologica (che Darwin non aveva mai sostenuto, tra l’altro),  e quindi ci fosse questa spinta interiore verso una perfezione sempre superiore. Ma i parassiti no, erano degenerati: spesso nel loro ciclo vitale perdevano segmenti e arti, e semplicemente si attaccavano al loro ospite, interessati soltanto a riparo e nutrimento. Nel Novecento, ci pensa Hitler a peggiorare la situazione: uno dei suoi appellativi preferiti da rivolgere agli ebrei era proprio, guarda caso,  parassiti. E come chiamavano Marx e Lenin i borghesi e i burocrati che opprimevano la società ? Già, parassiti. Il disprezzo e il pregiudizio nei confronti di queste creature è arrivato fino a Konrad Lorenz, il grande pioniere dell’etologia e del comportamento animale, che scriveva di ” evoluzione retrograda ” dei parassiti, forse per evitare il vocabolario di cui la retorica nazista, che lui conosceva molto bene, si era impadronita.

La verità, però, è che i parassiti sono una figata allucinante.

Tenia solium

Una sbarazzina Tenia solium. Lei e i suoi compari vermi piatti sono i parassiti più grandi che possono vivere nell’uomo, e arrivano fino a 18 metri di lunghezza.

I platelminti, cioè i vermi piatti, non sembrano forse spettacolari a prima vista; eppure da loro possiamo imparare una quantità di cose sconvolgenti.

Anche quando un parassita raggiunge il suo ospite finale, non è che può tanto adagiarsi sugli allori. I vermi piatti, che si annidano normalmente nell’intestino, devono fare sforzi incredibili per restare nel loro nuovo riparo.  Innanzitutto, cibandosi, crescono ad una velocità a dir poco inquietante: alcune specie arrivano ad aumentare la loro dimensione di due milioni di volte in due settimane  (!).  Vivono nelle maree intestinali di cibo mezzo digerito, sangue e bile, continuamente scossi dalle peristalsi. Non hanno veramente una bocca, e neppure un intestino: la loro intera pelle è composta da decine di milioni di delicatissime proiezioni digitiformi, riempite di sangue, che assorbono il cibo.  Praticamente loro stessi sono un intestino rivoltato come un calzino.

La peristalsi scuote l’intestino, e se i vermi piatti non facessero qualcosa, sarebbero scaricati dal loro ospite senza grossi problemi. Alcuni vermi piatti risolvono questo problema aggrappandosi direttamente attraverso artigli e uncini che crescono dalla loro testa: ma altri passano la loro vita nuotando controcorrente. Quando cominciamo a mangiare, la persistalsi immediatamente si propaga, come un’onda, nel nostro intestino: e i vermi subito rispondono, risalendo a monte del torrente. Raggiungono il cibo che sta avanzando, e a quel punto per un poco si lasciano trasportare dalla corrente, insieme al loro pasto. Nel frattempo, riconoscono quanto lontano sono stati trasportati da come cambia il movimento della corrente. Il problema è che la peristalsi può far muovere l’intestino più velocemente in un posto, e più lentamente in un altro: il che può essere un problema, nel momento in cui le dimensioni del verme diventano ragguardevoli. Eppure, per quanto possano essere “degenerati”, alcuni platelminti sono in grado di calibrare perfettamente il movimento del loro corpo, facendo nuotare più velocemente alcune parti di altre, restando esattamente dove vogliono.

E questa, almeno nell’ultimo secolo, era una delle ragioni per cui i biologi pensavano che la storia evolutiva dei parassiti fosse semplice e, a dirla tutta, noiosa. Una volta che un verme piatto si adattava all’ambiente interiore del suo ospite, aveva raggiunto un vicolo cieco evolutivo, visto che non poteva vivere in praticamente nessun altro luogo. Quel poco di evoluzione alla quale potevano andare incontro era dovuta solo al fatto che i loro ospiti potevano portarseli dietro, mentre essi stessi cambiavano:  un ospite può ad esempio dividersi in due nuove specie quando una popolazione resta separata dalle altre su di un’isola od una catena montuosa, e il parassita, ugualmente separato dai suoi simili, può formare una specie allo stesso modo.

Se questo fosse vero, ci si aspetterebbe di vedere una certa corrispondenza tra l’albero evolutivo di ospiti strettamente imparentati, e i parassiti che si portano in giro: formerebbero semplicemente riflessi speculari l’uno dell’altro.

Dendrogramma A

La parentela tra i parassiti è speculare alla parentela degli ospiti, perché gli ospiti trascinano  i loro parassiti. La freccia indica la relazione logica ” è parassita di “.

In pratica, il parassita va in speciazione quando il suo ospite va in speciazione: ogni ramo successivo dell’ospite si porta dietro il ramo successivo del parassita.

Peccato che negli anni ’70, quando si cominciò ad allineare ospiti e parassiti in questo modo, lavorando in particolare con i vermi piatti, il risultato fu più qualcosa di questo tipo:

DendrogrammaB

I parassiti non se ne stanno tranquilli come si può pensare, e i loro alberi filogenetici sono tanto complicati quanto quelli dei vari animali a vita libera, se non peggio.

I parassiti possono sì seguire, in certi casi, il loro ospite, ma possono anche saltare verso ospiti completamente diversi, o dividersi in due specie mentre l’ospite resta lo stesso.  In pratica, viaggiano molto di più di quanto credete.

La storia evolutiva dei vermi piatti può essere tracciata partendo dalle forme più primitive che conosciamo. I più primitivi platelminti parassitano tutte le principali famiglie di pesci. Due grossi gruppi di pesci sono viventi oggi: i pesci cartilaginei, come gli squali, e i pesci ossei. Si sono separati circa 420 milioni di anni fa. Venti milioni di anni dopo, la linea evolutiva dei pesci ossei si divise in due rami: da una parte i pesci attinopterigi, con le pinne sostenute dai raggi: il salmone, la trota, il luccio e ancora migliaia di specie; dall’altra, i pesci con le pinne carnose, i sarcopterigi, tra cui i pesci polmonati e il relativamente celebre celacanto.  Saranno proprio i sarcopterigi, più avanti, a produrre i vertebrati che colonizzeranno le terre emerse: in pratica, sono nostri antenati più recenti.

Per quanto ne sappiamo, i  platelminti parassiti si sono probabilmente evoluti per la prima volta nei primi pesci con le pinne a raggi. Da questa origine,  riuscirono a colonizzare i pesci cartilaginei, saltando quindi da un ospite all’altro, ma apparentemente lasciarono stare le pinne carnose: né i pesci polmonati né i celacanti hanno platelminti parassiti.

Eppure, i vermi piatti vivono all’interno dei loro parenti più stretti: i vertebrati terrestri. In effetti, non c’è anfibio, uccello, mammifero o rettile che non abbia un qualche platelminta in grado di parassitarlo. Ciò significa che i parassiti hanno dovuto, ancora una volta,  saltare ospite.  Più o meno 50 milioni di annidopo la conquista delle terre emerse da parte dei vertebrati, qualche incauto rettile deve essersi mangiato un gustoso pesce con tanto di parassita al suo interno. Da allora, i vermi piatti sulla terra si sono evoluti con i loro ospiti, divergendo in una miriade di nuove forme, e continuando a saltare, tra gli altri passaggi, da mammiferi ad anfibi e da anfibi ad uccelli.

Nei 400 milioni di anni di vita dei vermi piatti, la Terra è stata devastata da quattro colossali estinzioni di massa. La più recente risale solo a 65 milioni di anni fa e fu probabilmente scatenata da un impatto con un asteroide nel Golfo del Messico. Fu un’ estinzione tanto potente da sterminare almeno il 50% delle specie viventi. Eppure, in alcune parti del mondo, ci sono vermi piatti che vivono ancora nello stesso modo in cui vivevano quando i dinosauri camminavano sulla Terra.

Altri, per sopravvivere, hanno abbandonato senza troppe remore i loro ospiti. I tetrabotridi sono un gruppo di vermi piatti che parassitano solo uccelli marini e mammiferi marini, come le foche e le balene. Se ci pensate, questa cosa apparentemente non ha senso. Questi animali sono imparentati troppo alla lontana per condividere un parassita come eredità dei loro antenati. Gli uccelli si sono separati dai dinosauri circa 150 milioni di anni fa. Le foche si sono evolute da creature simili a orsi circa 25 milioni di anni fa. Per trovare un antenato comune tra uccelli e mammiferi, bisognerebbe tornare indietro 300 milioni di anni, e lo stesso antenato ha dato origine a una serie pressoché infinita di vertebrati, senza che nessuno di essi fosse un ospite per i tetrabotridi.

Sia gli uccelli che le balene si dovranno pur essere presi ‘sti parassiti da qualche parte, però. Non li hanno presi dai pesci, perché i parenti più stretti dei tetrabotridi vivono in rettili terrestri. Quindi i tetrabotridi devono discendere da un antenato comune che viveva in qualche antico rettile. E, guarda caso, 200 milioni di anni fa, negli oceani, non avreste trovato balene e cetacei, ma giganteschi rettili marini come il plesiosauro e l’ittiosauro. L’estinzione di 65 milioni di anni fa, oltre a spazzare via i dinosauri, spazzò via anche i rettili marini. Non è chiaro perché gli uccelli furono risparmiati, ma furono loro a continuare a dare spazio in cui vivere ai tetrabotridi. Quando, milioni di anni dopo, balene e foche presero il posto dei rettili marini negli oceani, i vermi piatti colonizzarono anche loro. Finché l’ecosistema resta intatto, anche se cambiano le specie che lo costituiscono, i parassiti sopravvivono.

Negli ultimi milioni di anni, i vermi piatti hanno scoperto ancora un altro ospite, uno che cammina su due gambe. Negli anni, i parassitologi hanno proposto diverse idee su come i platelminti possano essere arrivati a parassitare anche noi esseri umani.  Una delle idee più accreditate sosteneva che, circa 10 mila anni fa, quando gli esseri umani cominciarono ad addomesticare il bestiame, finirono con l’essere parassitati dai vermi piatti che precedentemente utilizzavano come ospiti le vacche e i loro predatori naturali. Non sarebbe stata una cosa insolita: qualcosa del genere è avvenuto con il vaiolo bovino, che cominciò a mietere vittime umane quando i sapiens cominciarono a diventare sedentari.

Eppure, se guardiamo le sequenze genetiche dei vermi parassiti umani e dei loro parenti più vicini, possiamo vedere che si dividono circa un milione di anni fa, non poche migliaia. A quei tempi eravamo soltanto ominidi, Homo erectus, ancora molto molto lontani dall’agricoltura e dall’allevamento.  E i parenti più vicini dei vermi piatti umani non si trovano negli scimpanzé, o negli altri primati, ma nei leoni e nelle iene.  E non è un caso: la cosa più vicina ad una mucca o un maiale che l’essere umano aveva a disposizione erano le carcasse della selvaggina che era stata uccisa dai grandi predatori. E così, gli ominidi, seguendo i leoni e cibandosi delle loro vittime, hanno finito per essere anch’essi destinazioni finali degli stessi parassiti di altri grandi predatori, o altri necrofagi, come le iene.

Ci sono molti modi per comprendere qualcosa sulla natura dell’umanità, e sulle nostre origini.

Puoi andare in Etiopia a scavare cercando ossa fossili e pietre scheggiate.

Oppure puoi rovistare nell’intestino di un altro essere umano, alla ricerca di qualche compagno di viaggio.

  1. Prima che qualcuno lo faccia notare, lo so che i dendrogrammi che ho fatto non hanno la radice, ma non ho sbatta di rifarli.

  2. Un anno di Prosopopea! « Prosopopea - pingback on 07/04/2012 @15:40
  3. i parassiti fanno SBOCCARE 😎

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