Oggi ho visto due persone che se le davano (verbalmente) di santa ragione sull’intolleranza al glutine.
La mia naturale reazione è stata “Ohibò, questa gente ha bisogno di una profonda revisione della letteratura fatta da una persona non esattamente qualificata come me!”.
Al ché, ho avuto la pessima idea di chiedere ai miei cari amici e colleghi di Italia Unita per la Scienza le cose prima facie più assurde che avessero sentito dire sul glutine.
Due o tre travasi di bile dopo ho compilato una lista più o meno completa assurde che si dicono riguardo celiachia e intolleranza al glutine: ho acceso pubmed, ho iniziato a scavare nella letteratura scientifica, e ho scoperto che tutto è molto più complicato di quanto certa gente proclami, spesso per ragioni di marketing, come verità.
Partiamo da dove sono partito con le ricerche, su un tema che tanto per una volta non è una fintroversia ma un contenzioso anche nella comunità scientifica. L’intolleranza al glutine esiste?
Più o meno chiunque su tutto lo spettro scientifico è concorde nel dire che la celiachia esiste, è una malattia autoimmune, e colpisce all’incirca l’1% della popolazione. I sintomi della celiachia sono per lo più gastroenterici (diarrea, gonfiore, dolori addominali), ma è anche collegata ad anemie, carenze vitaminiche e tutta un’altra serie di problemi generali. La celiachia è abbastanza semplice da diagnosticare con un test del sangue e una biopsia dell’intestino.
Dove comincia ad esserci dissenso è sull’esistenza di una “intolleranza al glutine”, che sarebbe una reazione avversa al glutine i cui sintomi si manifestano anche in persone non celiache. In ambito accademico la chiamano “Sensibilità Non-Celiaca al Glutine”, che è preferibile ad “intolleranza” perché è più specifico e non rischia di essere confuso con la Celiachia quando usato nel normale parlato. Li userò in maniera interscambiabile, riferendomi invece specificamente alla celiachia con il suo nome, quindi occhio quando leggete.
Un sacco di gente dice di aver sintomi gastrointestinali gravi che se ne vanno quando cominciano diete senza glutine, ma il più delle volte nessun test scientifico riesce a trovare alcun problema nel loro intestino: in questo caso, acclarato che non sia un caso di celiachia non diagnosticata, definiamo il misterioso problema come sensibilità non celiaca al glutine.
Studi più recenti cominciano a mettere in discussione risultati pregressi che negavano l’esistenza della sensibilità non celiaca al glutine. Il primo studio convincente che ho trovato in merito è del 2011: Biesiekierski e colleghi pubblicano uno studio randomizzato in doppio cieco sul tema, e tutti sanno quanto mi piacciono gli studi randomizzati in doppio cieco. Nella ricerca in questione, pazienti con la sindrome del colon irritabile che sostenevano che i propri sintomi miglioravano quando non consumavano glutine, sono stati tutti messi a seguire una dieta completamente priva di glutine: a metà, presi a caso, veniva anche somministrata una pillola di glutine, agli altri un placebo. E a quanto pare hanno trovato che i pazienti a cui casualmente finiva il glutine mostravano molti più sintomi avversi di quelli a cui veniva dato il placebo ( p= 0.0001 !). Tuttavia, non manifestavano nessuno dei soliti marker immunologici, o segnali nelle biopsie, solitamente collegati alla celiachia.
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