Come riparare un cuore infranto

Certe ferite possono fare davvero male.

Certe cose possono ferire nel profondo una persone.

Certe cose possono letteralmente spezzare il cuore.

Non temete: Prosopopea non sta lentamente degenerando verso un livello editoriale degno di  un magazine per teenagers.

Quando dico letteralmente, non lo intendo figurativamente: le cose che spezzano il cuore di cui si parla qui tendono ad essere cardiopatie e infarti.

E quando un cuore viene letteralmente infranto da questo genere di cose è un bel problema, anche peggio di delusioni amorose: specialmente perché, ad oggi, non esiste trattamento per questo genere di problemi.

Anche se, grazie al progresso della SCIENCE~, forse c’è qualcosa che si può fare: dai prodi ricercatori dell’Università della California arriva un paper titolato: Catheter-Deliverable Hydrogel Derived From Decellularized Ventricular Extracellular Matrix Increases Endogenous Cardiomyocytes and Preserves Cardiac Function Post-Myocardial Infarction. 

E’ un titolo stupendo perché dice precisamente tutto quello che c’è da dire; ma forse è il caso di dissezionare un po’ di più la questione.

Come dice il titolo, il trattamento si basa su di un idrogel, cioè un gel in cui la componente polimerica, solida, è idrofila, il che gli permette di assorbire una quantità enorme d’acqua ed avere una consistenza simile a quella di tessuti animali.

In questo caso, poi, il gel è ottenuto direttamente da tessuti umani; e in un esempio di out-reaching, l’università della California ha mandato fuori questo video su Youtube per mostrare come si arriva al prodotto finale:

Se non fosse chiaro, l’idrogel è ottenuto da tessuto cardiaco che viene tritato e pulito da una serie di detergenti, di modo di liberarsi della parte cellulare; viene liofilizzato e sbriciolato in un liquido che può essere infilato via catetere direttamente nel cuore, dove la temperatura corporea lo fa sciogliere in una struttura semi-solida; essendo interamente composto da matrice extracellulare, questo crea una impalcatura che non solo blocca l’infiammazione del tessuto e previene il deterioramento, ma consente parziale recupero della funzione cardiaca, grazie ad un aumentato numero di cardiomiociti  ( Increases Endogenous Cardiomyocytes ) .

Il risultato è particolarmente rilevante perché, diversamente dalla maggior parte dei breakthrough medico-scientifici testati solo sui topi che non arriveranno mai nell’uomo, questo è stato sperimentato con successo su maiali; questo significa che il gel funziona su un cuore che grossomodo è delle giuste dimensioni e ha un’anatomia analoga, il che fa ben sperare. Lo standard di prova che usano, tra l’altro, è alquanto alto: la funzionalità cardiaca è stata controllata sia da tramite risonanza magnetica, sia per vie istologiche (I.e. tagliuzziamo il cuore e vediamolo al microscopio). C’è inoltre un test che mi fa pensare che le sperimentazioni nell’uomo potrebbe essere relativamente vicino: i cuori porcini sono stati elettrostimolati nel tentativo di indurre aritmie una settimana dopo l’iniezione via catetere, ma l’idrogel si è comportato benissimo.

Il 10% dei malati d’infarto del miocardio viene colpito una seconda volta nel corso del primo anno. Il 30% dei decessi, in Italia, sono dovuti specificamente ad infarti del miocardio.

Ma con la scienza si possono cambiare le regole del gioco.

L’articolo in full-text lo trovate dietro il solito paywall  qui.

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